I contratti collettivi di lavoro in Italia sono 919

  ICT, Rassegna Stampa
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I dati della giungla sindacale. Molti sono “fantasma, 571 sono scaduti da 10 anni

In Italia i contratti collettivi di lavoro (Ccnl) sono il primo livello di contrattazione nel mondo del lavoro. Si tratta di quegli accordi in cui sono disciplinati i rapporti tra i dipendenti e le aziende, in cui si stabilisce, per esempio, la retribuzione minima, il numero di ore di presenza in ufficio o in fabbrica, le modalità con cui è possibile svolgere straordinari, gli scatti di anzianità e molto altro. Vi sono poi altri livelli, come quelli locali o aziendali, ma ogni tipologia di accordo deve rispettare il quadro generale delineato nei contratti collettivi nazionali.

Quanti sono i contratti collettivi di lavoro in Italia

Quanti sono i contratti collettivi di lavoro in Italia? Tantissimi. Secondo i dati del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), che li censisce in un Archivio Nazionale, se ne contano ben 919 nel solo settore privato. A questi si devono aggiungere 15 Ccnl della Pubblica Amministrazione e 48 del mondo dei lavoratori parasubordinati.

Quelli riguardanti i dipendenti privati, che del resto rappresentano la grande maggioranza dei lavoratori, sono riassumibili in 14 macrosettori molto diversi. Come si vede dalla nostra infografica qui sopra si va dall’agricoltura ai trasporti, dal credito all’istruzione e alla sanità. Quella in cui vi sono più contratti collettivi nazionali di lavoro è la macrocategoria definita “distribuzione, terziario, servizi”. 

I contratti collettivi di lavoro in Italia anche solo per 10 persone

Questa macrocategoria riunisce i tanti contratti nazionali collettivi del commercio che sono molti perché nel tempo sono stati firmati più Ccnl con la stessa denominazione, ma a sottoscriverli sono stati organizzazioni datoriali e sindacali differenti, con scadenze diverse. Per esempio: sotto la dicitura “Ccnl aziende del commercio” ve ne sono ben quattro, siglati da sigle piccole e grandi, alcune delle quali sconosciute ai più. Uno è stato firmato da Fapi, Cesac, Fildi-Ciu, un altro da Cnai, Ucict, Fismic e Confsal. Si tratta spesso di accordi che riguardano un numero molto ridotto di aziende e di lavoratori, e che le parti non hanno poi rinnovato. Per questo per il Cnel sono ancora vigenti.

Il censimento dei contratti collettivi nazionali di lavoro

Per avere un’idea del numero di dipendenti privati che sono coinvolti in centinaia di contratti collettivi nazionali di lavoro esistenti il Cnel ha avviato una collaborazione con l’Inps per realizzare una sorta di censimento. Questo riporta i dati di fine 2018 e Cnel e Inps non l’hanno aggiornato recentemente, ma rende l’idea di come alcuni Ccnl siano affari per pochissimi.

Un esempio: il già citato accordo riguardante le aziende del commercio siglato da Fapi (un fondo interprofessionale per la formazione continua nelle Pmi), Cesac (Confederazione Europea Sindacati Autonomi e Commercio), Fildi-Ciu (Federazione Italiana Lavoratori Dipendenti) tre anni fa era applicato solo da 8 aziende con 12 dipendenti in totale.

La giungla dei contratti collettivi di lavoro in Italia

Questo è il motivo per cui il numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro è diventato sempre più grande: nonostante periodicamente alcuni vengano fatti confluire in altri e altri cessino di esistere, quelli nuovi che vengono siglati sono di più. Così nel primo report periodico sui Ccnl vigenti del Cnel del marzo 2015 se ne contavano 708, diventati 743 a settembre dello stesso anno, e 757 nel marzo del 2016. Sono poi costantemente aumentati: nel settembre del 2017 erano 868, 12 mesi dopo erano saliti a 884, per poi toccare i 922 alla fine 2019. Dal 2020 che il ritmo di incremento del numero di contratti collettivi nazionali di lavoro è rallentato. Sia nel giugno che nel dicembre dell’anno più duro della pandemia erano 935, ma a metà 2021 erano cresciuti fino a 985 e solamente nell’ultimo report dettagliato vi è stato un calo, fino ai 919 attuali.

I contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti che nessuno rinnova

Effettivamente sembra esserci molta confusione nel mondo della contrattazione collettiva privata in Italia. Non solo alcuni Ccnl vengono applicati in pochissime imprese e a un numero limitatissimo di dipendenti, ma molti di questi sono scaduti da diverso tempo. Vi è quindi il dubbio che non siano neanche più in vigore. Per tale motivo il Cnel stesso sollecita i firmatari a fornire un aggiornamento sugli accordi che li riguardano, per chiarire se si tratti di contratti collettivi nazionali ancora esistenti o meno.

I contratti nazionali scaduti sono 571

L’ipotesi che non siano più utilizzati può venire osservando che non solo vi sono 571 Ccnl, più della metà del totale, scaduti, ma 34 di questi hanno una data di termine addirittura anteriore al 2011. Sono più di 10 anni, quindi, che non vengono rinnovati. Sono particolarmente numerosi nelle macrocategorie denominate Poligrafici e Spettacolo e Istruzione, Sanità, Assistenza, Cultura, Enti. Si tratta di alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro effettivamente molto di nicchia, come quello che riguarda i dipendenti delle aziende aerofotogrammetriche, che è scaduto il 30 giugno 2007, o quello dei dirigenti Avis, che ha come data di termine il 31 dicembre 2009.

Nel complesso i contratti collettivi nazionali di lavoro del settore della scuola e della sanità privata sono quelli che necessitano maggiormente di un rinnovo. Su 121, 80 sono scaduti. In una situazione simile si trovano, comunque, la maggioranza dei Ccnl appartenenti ad altri macrosettori. A fare eccezione sono i contratti collettivi nazionali dei metalmeccanici e affini. Su 42 sono meno di metà quelli con una data di scadenza già passata, e anche tra questi in pochissimi casi si va più indietro di due anni.

Nel pubblico impiego i contratti nazionali sono 15

Molto diverso è il panorama che emerge dall’analisi dei Ccnl del settore pubblico. Secondo l’Archivio Nazionale del Cnel sono solo 15 i contratti collettivi della Pa. Si tratta dell’esito di una razionalizzazione avvenuta negli anni scorsi che ha portato alla scomparsa di 54 di questi e alla loro confluenza in quelli attualmente in vigore. Ora, per esempio, vi è un solo Ccnl riguardante il personale del comparto Funzioni Centrali, in sostanza i lavoratori dei ministeri, un solo contratto collettivo degli enti locali, uno solo che regola le condizioni applicate a chi appartiene alle Forze Armate.

Per fare un paragone, nel settore privato i Ccnl che sono confluiti in quelli esistenti sono solo 215, e quelli cessati 136, molto pochi a confronto dei quasi mille ancora in vigore. Per una volta forse il privato potrebbe trarre esempio dalla Pubblica Amministrazione.

I dati si riferiscono al: 2022
Fonte: Cnel

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