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Si è svolto a Roma il convegno delle diocesi del Lazio.
Roma- Mercoledì 14 marzo, presso il Santuario del Divino Amore, organizzato dalla Conferenza Episcopale Laziale, si è svolto l’incontro formativo per educatori ed insegnanti, riguardante i giovani, Dio e i social network. Ma non solo. Il tutto in confronto tra educatori ed insegnanti di diversa fede.
Si è accolti dai canti armeni, interpretati dal soprano Marine Grigoryan e subito dopo introdotti nel tema da S.E. mons. Gerardo Antonazzo, presidente della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo della CEL, che apre la questione con la domanda fondante del corso: “È possibile fare esperienza ed incontro con Dio sui social?”. Segue la tavola rotonda in cui intervengono il Rav Benedetto Carucci Viterbi, direttore delle Scuole Ebraiche di Roma; il professor Paolo Benanti, docente della Pontificia Università Gregoriana ed esperto in bioetica; l’imam Sami Salem, della Moschea della Magliana a Roma; il professor Paolo Naso, valdese e docente di Scienza Politica alla Sapienza; moderato dalla dott.ssa Monica Mondo di Tv 2000.
Ciò che è emerso dalla tavola rotonda è il problema della relazione in merito ai social network. Il professor Benanti ha riportato come la tecnologia cambia i punti di riferimento e tocca anche la fede, perché in relazione con il mondo. Ma c’è un problema: che tipo di relazione avviene all’interno dei social, soprattutto tra i giovani? È vera esperienza? Il Rav Viterbi ha spiegato il rapporto del relazionarsi tra uomo e Dio e, quindi, della relazione autentica, partendo da Mosé, dove gli elementi caratterizzanti sono quelli di una chiamata individuale e l’empatia che si instaura nella relazione. La relazione autentica, nella Bibbia, ha come elementi portanti l’affettività e l’empatia. Il modello di comunicazione è Esodo 31,18. Il professor Naso ha posto l’accento su come, molto spesso, nei social questi elementi siano marginali, non si tratta di comunità aperte ma di tribù, dare l’amicizia è ammettere qualcuno a farne parte, e i followers sono dei seguaci e non dei partners. I social attuali, per il professor Naso, non ammettono ripensamenti, sono tatuaggi virtuali, rimangono per sempre, caratterizzati dalla radicalità, esibizionismo e non-esperienza. Anche per l’imam il problema è di relazione, non basta mandare un messaggio o un video, ma occorre incontrarsi di persona, è importante il “calore” che solo così si instaura.
Nella seconda parte del convegno si è visionato il documentario “Almeno credo” di Gualtiero Peirce. Un documentario girato nella realtà quotidiana di tre scuole confessionali di Roma: quella ebraica “Vittorio Polacco”, quella cattolica “Antonio Rosmini” e quella integrativa della moschea “El Fath”. Incontrando il regista, ciò che è emerso è che questi ragazzi che credono in Dio, credono anche negli altri, nella vita e sono aperti al mondo, senza pregiudizi religiosi, anzi, hanno una marcia in più!
Conclude l’intervento di monsignor Antonazzo, un intervento riassuntivo di tutte le questioni esposte.
Ciò che si evince, alla fine di questo convegno, è che non è possibile parlare di “comunicazione di Dio” in rete, ma piuttosto di comunicazione “a proposito di Dio”. Allora sicuramente i social non sono la relazione in senso pieno, ma un approccio per entrare in comunicazione con i giovani, da cui gli educatori ed insegnanti non possono sottrarsi, per proporre uno sviluppo autentico di incontro alla persona.
Emanuele Cheloni
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