Il cimitero dei feti a Roma e le sepolture senza consenso

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Roma – Un’ampia area del cimitero Flaminio è occupata da sole croci di legno bianche. Su di esse non sono vergati i nomi dei corpi, ma delle madri che li hanno fatti nascere. Non tutte le donne, però, sembrano essere consapevoli di queste sepolture. Avviene a Roma, nel così detto “Giardino degli Angeli”, un campo funebre destinato ai feti che non hanno avuto un funerale, poiché tumulati su semplice richiesta della Asl.

La notizia è emersa grazie a un post divenuto virale sui social in cui una donna ha denunciato di aver scoperto il suo nome affisso su di una delle croci del Cimitero Flaminio, una sepoltura per cui non aveva mai dato alcun consenso. Sette mesi dopo la sua interruzione terapeutica di gravidanza, ricevuto il referto istologico e per puro scrupolo, ha contattato la struttura presso cui aveva proceduto all’interruzione di gravidanza chiedendo informazioni sul destino del feto. Il suo nome e il suo cognome, assieme alla data dell’aborto, sono affisse su una croce bianca del cimitero Flaminio. A seguito della sua presa di coscienza, molte altre donne sono venute a sapere di aver ricevuto silentemente lo stesso trattamento. Senza il post virale di Marta Loi, ad oggi, con ogni probabilità, non si sarebbe mai venuti a conoscenza di questa pratica.

Accade tutto a causa di un vuoto legislativo. In assenza di regolamenti, normative e prassi vigenti volti a delineare un quadro organico del trattamento dei feti e dei bambini mai nati, questo tipo di sepoltura è disciplinata dall’articolo 7 (commi 2, 3 e 4) del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. Nel caso in cui la gestazione abbia superato le 28 settimane, i bambini sono considerati “nati morti” e sono sepolti seguendo la procedura comune a ogni defunto. Sotto le 20 settimane, i “prodotti del concepimento” sono considerati “prodotti abortivi” e, in caso di assenza di richiesta di trattamento funebre da parte dei genitori, vengono smaltiti come rifiuti speciali ospedalieri dalle Asl competenti. La situazione diviene oscura e complessa per i feti che, al momento dell’interruzione di gravidanza, rientrano tra le 20 e le 28 settimane di gestazione. Nel caso in cui i genitori non facciano richiesta di sepoltura entro 24 ore dall’espulsione del feto, accade che la Asl di competenza, grazie anche alle donazioni delle associazioni pro-life, possa occuparsi autonomamente della sepoltura, anche senza autorizzazione. Per quanto concerne l’iscrizione sulla lapide, in base alla scelta del burocrate di turno e senza alcuna consenso da parte delle gestanti, può essere composta dal nome della madre, da un nome di fantasia o da un semplice numero identificativo.

A Roma, sotto la gestione di AMA-Cimiteri capitolini, esistono due luoghi destinati ai feti mai nati. Presso il cimitero Flaminio, si tratta dello stesso spazio di sepoltura dedicata ai bambini deceduti entro i 10 anni. Nel cimitero Laurentino, invece, un’area apposita è stata creata nel 2012 un’area di circa 600 mq liminale al “Campo dei bambini”. La zona, delimitata con siepi e decori floreali, è stata denominata “Il Giardino degli Angeli”. Per la sua inaugurazione, ormai quasi 10 anni fa, l’allora assessore e vice sindaco Sveva Belviso ha messo a dimora una pianta di camelie bianche come simbolo del “Giardino dell’Infanzia” ma anche “dell’attenzione dell’amministrazione capitolina al tema”. Tuttavia, è necessario sottolineare che manca del rispetto non solo della privacy delle partorienti, ma anche del diritto alla libera scelta.

Al seguito del caso coraggiosamente denunciato e reso pubblico da Marta Loi, molte altre testimonianze – non solo romane – sono venute alla luce. In una vera e propria class action, l’ufficio legale della Onlus Differenza Donna ha presentato un esposto alla procura di Roma e sta procedendo ad un’azione civile collettiva per tutelare i diritti violati di tutte le donne coinvolte. La risposta delle istituzione non si è fatta attendere. Due interrogazioni, una alla Regione Lazio e una al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sono state presentate dalla deputata di Liberi e Uguali Rossella Muroni e dalla consigliera regionale Marta Bonafoni. Quest’ultima, insieme al consigliere regionale +Europa Alessandro Capriccioli, ha depositato una proposta di legge regionale per disciplinare in maniera inequivocabile le modalità di trasporto e sepoltura, e dunque eliminare definitivamente ogni nebulosa normativa. La proposta, di cui sono molti i firmatari, stabilisce infatti che le sepolture potranno avvenire solo ed esclusivamente su richiesta della donna che ha abortito.

La questione della sepoltura non autorizzata dei feti riporta a galla la libertà di scelta in gravidanza. Nel “Giardino degli Angeli”, in nome dell’altruismo del rispetto della vita, è proprio il rispetto a venire a mancare. Le sepolture sono contrassegnate categoricamente da una croce, senza alcuna considerazione del culto religioso delle gestanti. Su di esse, in un paese la cui legislazione attribuisce ai figli i cognomi dei padri, è segnato il nome della madre, quasi a rimarcarne la colpevolezza. La libertà di scelta, il diritto genitoriale sui propri figli, viene a mancare quando a scegliere il destino di un feto non è un genitore, ma un burocrate. Quello di turno, o in servizio

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