I pirati informatici attaccano un software Oracle ampiamente utilizzato per la gestione dei pagamenti digitali nel settore della ristorazione.
Anche in periodo di pandemia, i ristoranti rimangono evidentemente un bersaglio particolarmente appetitoso per i pirati informatici. A prenderli di mira, in queste settimane, è un gruppo di cyber criminali che sfrutta un trojan studiato specificatamente per rubare i dati delle carte di credito dai sistemi POS usati nel settore della ristorazione e dell’ospitalità.
Il malware utilizzato dai pirati chiama ModPipe e, secondo quanto si legge in un rapporto pubblicato dai ricercatori di ESET, è pensato per colpire un software in particolare: Oracle Micros Restaurant Enterprise Series 3700.
ModPipe, secondo gli esperti della società di sicurezza, è un malware estremamente complesso, dotato di una struttura modulare che consente ai suoi autori di aggiornarne caratteristiche e funzionalità con estrema facilità. Sulla sua efficacia, però, non ci sono certezze.
Il malware è certamente in grado di accedere a numerose informazioni “collaterali”, come alcune impostazioni del sistema, i nomi dei clienti e la cronologia delle operazioni. Per farlo, utilizza un modulo chiamato GetMicInfo, che consente di decrittare le password di accesso al database partendo dal registro di Windows.
Lo stratagemma, spiegano gli autori del report, denota una conoscenza approfondita del funzionamento del software Oracle, che potrebbe affondare le sue radici in un data breach subito dall’azienda nel 2016.
Stando all’analisi effettuata da ESET, per quel che si conosce finora ModPipe non permetterebbe di sottrarre le informazioni più “sensibili”, quelle cioè riguardanti i dati delle carte di credito utilizzate per i pagamenti.
Per ottenere queste informazioni, infatti, i pirati dovrebbero essere in grado di scardinare il sistema di crittografia che utilizza la passphrase locale per proteggere i dati. L’esistenza di un modulo che consenta di decodificare queste informazioni non è confermata, ma i ricercatori non la escludono a priori.
Difficile non condividere la posizione degli esperti ESET: chi realizzerebbe infatti un malware del genere se non avesse la possibilità di estrapolare i dati che gli servono per sfruttare l’attacco?
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