L’Istat comunica i gli ultimi dati sul commercio estero italiano, e non sono buoni per niente, soprattutto per il mese di aprile.
I dati destagionalizzati, rispetto a marzo 2023, sono diminuiti del -1,7% per le esportazioni e aumentati del +5,3% per le importazioni. Le esportazioni verso i Paesi dell’UE sono diminuite del -1,5% e sono diminuite del -2,0% per i Paesi non UE. Le importazioni sono aumentate per i Paesi non UE (+13,9%) e sono leggermente diminuite per i Paesi UE (-0,6%).
Negli ultimi tre mesi, i dati destagionalizzati, rispetto ai tre mesi precedenti, sono diminuiti sia per le esportazioni (-2,2%) che per le importazioni (-6,5%).
Ad aprile 2023, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, le esportazioni sono diminuite del -5,4% e le importazioni del -12,3%. Questo è stato essenzialmente dovuto alla soluzione parziale della crisi energetica. I flussi in uscita sono diminuiti del -5,7% per i Paesi dell’UE e del -4,9% per i Paesi terzi. I flussi in entrata sono diminuiti del -5,6% per l’area UE e del -19,4% per l’area non UE.
Ad aprile 2023, la bilancia commerciale ha registrato un surplus di +318 milioni di euro (-921 milioni di euro di deficit per i Paesi UE e +1.239 milioni di euro di surplus per i Paesi non UE). Escludendo l’energia, il surplus della bilancia commerciale ha raggiunto i +6.047 milioni di euro.
Ecco i grafici dell’export e della bilancia commerciale. Prima l’export, che vediamo nell’ultimo anno e in prospettiva decennale.
Ora la bilancia commerciale, sempre su prospettiva annuale e decennale
Ad aprile 2023, i prezzi delle importazioni diminuiscono dell’1,0% su base mensile (-0,3% per la zona euro, -1,6% per la zona non euro). Negli ultimi tre mesi, rispetto ai tre mesi precedenti, i prezzi delle importazioni sono diminuiti del 5,6% (-0,5% per la zona euro, -10,1% per la zona non euro).
I prezzi delle importazioni, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, diminuiscono del 6,2% ad aprile 2023 (+1,3% per la zona euro e -12,3% per la zona non euro). Questo calo soprattutto di export dalle zone non euro, è legato ai fattori energetici.
Fine di un paradigma di crescita
La sopravvivenza economica dell’Italia e dell’Euro area, engli ultimi anni, è stata legata soprattutto ai grandi surplus commerciali. In un sistema costruito per accentuare l’austerica e deprimere spesa pubblica e consumi interni, tramite una valute forte e una dura disciplina di bilancio, la crescita era assicurata da potenti surplus commerciali extra area euro, soprattutto creati da Italia e Germania, ma che davano funzione a tutti gli altri paesi.
Almeno per noi questo paradigma è finito. La crisi energetica, anche se parzialmente finita, ha portato ad uno spiazzamento del nostro export industriale. Il calo dei volumi produttivi viene poi a causare un’ulteriore perdita di competitività (ricordiamo la seconda legge di Kaldor sulla produttività) e quindi viene a spiazzare ulteriormente le nostre produzioni, in una sorta di circolo vizioso.
La cura sarebbe uno stimolo della domanda interna mirato, per migliorare volumi produttivi interni e quindi la produttività del sistema, l’efficienza etc. , cioè tutte quelle cose che vi cercano di propinare quando danno l’immagine dell’italiano brutto, sporco e cattivo. Ovviamente questo non è possibile, perché siamo nell’Europa della trazione austera tedesca. Quindi non resta che la decrescita piuttosto infelice, anzi discretamente incazzata.
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