Iva sugli assorbenti, ecco dove pesa di più in Europa

  ICT, Rassegna Stampa
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L’Iva sugli assorbenti ha avuto una vita travagliata. Era al 22%, poi è stata ridotta al 10% dal governo Draghi, poi tagliata ancora al 5% nel 2023. Ora, lo stesso governo che aveva ridotto l’Iva ha deciso, salvo imprevisti e modifiche alla manovra che proprio in questi giorni arriva in Parlamento, di riportarla al 10%. Ma non si tratta solo degli assorbenti femminili: tornano con l’Iva al 10% anche il latte in polvere e preparazioni per l’alimentazione dei bambini, tamponi coppette mestruali.

La battaglia per abbassare l’Iva in Italia

La battaglia per abbassare la tampon tax in Italia era andata avanti da almeno 6 anni. Risale infatti al 2016 lo slogan più conosciuto “Il ciclo non è un lusso”. Già, perché se nel nostro Paese l’aliquota è rimasta così alta così a lungo (22%) è proprio perché gli assorbenti venivano considerati come bene di lusso. Solo nel 2019 c’era stato un primo tentativo di ribasso, conclusosi con una riduzione dell’Iva al 5% solo per gli assorbenti compostabili e biodegradabili. Cioè per quegli assorbenti che sono molto più costosi rispetto agli altri e che hanno generato il “period poverty”, ovvero l’impossibilità economica per tante donne di non poter mantenere un’adeguata igiene intima per tutto il periodo mestruale.

L’Iva sugli assorbenti nei Paesi europei

L’Italia, infatti, aveva le aliquote Iva sugli assorbenti tra più alte d’Europa ma la tendenza alla riduzione delle tasse sugli assorbenti femminili accomuna un po’ tutto il Continente: recentemente la Spagna le ha ridotte dal 10% al 4%. In Irlanda, invece, vengono venduti assorbenti senza Iva.

C’è chi ha la tampon tax ancora più alta

Come emerge dai rapporti di Eurostat sulle aliquote Iva sugli assorbenti nei vari Paesi, l’Italia è tra i Paesi con l’Iva più alta su questi prodotti in Europa. E’ al sesto posto dopo Ungheria, Danimarca, Croazia, Svezia e Finlandia. Anche i report della fondazione spagnola Civio fanno notare come in Ungheria l’Iva per questo prodotti sia al 27% e al 25% in Danimarca e Croazia. In generale, comunque, i Paesi del Nord Europa sono quelli più scatenati nell’imporre le tampon tax.

Il grafico sopra mostra l’Iva nei Paesi europei dopo la decisione del governo Meloni di riportare la tassazione al 10%. Come si può vedere: in Grecia l’iva sugli assorbenti è al 23% mentre scende intorno al 20% solo in Bulgaria, Albania e Moldavia. L’iva sugli assorbenti è più bassa in Germania (7%), Paesi Bassi e Belgio (6%). È stata ridotta al 5% in Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Lituania, Cipro. In Scozia, invece, dal 2020 gli assorbenti sono completamente gratuiti. Ma finora l’unico paese dell’Unione Europea dove attualmente non c’è la tampon tax è solo l’Irlanda.

Iva sugli assorbenti, cosa succede in Nuova Zelanda

Ancora più interessante l’esempio della Nuova Zelanda. Qui le scuole offrono, dal 2022, assorbenti e altri prodotti gratis, cioè, non l’Iva ridotta, ma proprio gratuitamente, alle alunne con l’obiettivo di sconfiggere il fenomeno della “povertà mestruale”. Il governo neozelandese è infatti preoccupato che molte studentesse non vadano a scuola quando hanno il ciclo perché non possono permettersi di acquistare gli assorbenti.

“I giovani non dovrebbero rinunciare all’istruzione a causa di qualcosa che è parte della vita di metà della popolazione”, ha dichiarato la premier Jacinda Ardern precisando che un alunno su 12 in Nuova Zelanda salta la scuola per la ‘povertà mestruale’. La misura costerà al governo circa 18 milioni di dollari da qui al 2024.

Perché l’Iva sugli assorbenti è così alta

La cosa piuttosto inconcepibile è che nel 1973 gli assorbenti erano tassati meno: l’Iva era al 12% ma poi è sempre aumentata e a poco sono servite le varie campagne civili promosse da associazioni femminili per chiedere l’abbassamento dell’Iva sugli assorbenti. Così come praticamente a nulla è servita la battaglia politica condotta da Laura Boldrini, firmataria di diversi emendamenti che chiedevano un taglio dell’imposta.

I dati si riferiscono al: 2023

Fonte: Civio, Eurostat

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