La DAD sarà forse la nuova “normalità” in ambito scolastico?

  ICT, Rassegna Stampa
image_pdfimage_print

La rubrica “Digital & Law” è curata da D&L Net e offre una lettura delle materie dell’innovazione digitale da una prospettiva che sia in grado di offrire piena padronanza degli strumenti e dei diritti digitali, anche ai non addetti ai lavori. Per consultare tutti gli articoli clicca qui.

La pandemia ha portato inevitabilmente a rivoluzionare le nostre abitudini quotidiane. Con l’ultima accelerazione dei contagi e il ritorno ad un più rigido distanziamento sociale, migliaia di lavoratori hanno continuato ad interagire grazie allo smart working, così come la maggior parte degli studenti di ogni grado che, a quanto pare, dovranno continuare a seguire le lezioni a distanza.

A scuole e università non resta quindi che affidarsi ancora una volta alla DAD per non perdere giorni preziosi di studio attraverso lo svolgimento di lezioni e compiti in classe, rigorosamente online.

Che la pandemia ci stia “insegnando” a percorrere una nuova strada digitale per imparare a convivere con essa? Analizziamola più da vicino.

Cos’è la DAD

Per didattica a distanza si intende lo svolgimento delle ordinarie attività scolastiche in modalità “smart”, ossia con videolezioni, videoconferenze, tramite caricamento e condivisione del materiale su piattaforma da parte del docente e l’interazione su chat di gruppo o sistemi interattivi, propriamente educativi. Questo è quanto affermato dal Ministero dell’Istruzione con la Nota 388 del 17 marzo 2020.

Soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria il ricorso alla “classe virtuale” è da preferire rispetto alla modalità in presenza, per motivi di sicurezza.

I rischi connessi alla DAD…

Il ricorso a questa modalità può comportare dei rischi da non sottovalutare, che interessano soprattutto la privacy e la tutela dei dati personali degli utenti. Secondo una ricerca condotta da otto esperti di accademie italiane e straniere, le lezioni da remoto comportano diverse criticità in termini di privacy e copyright, visto che non è sempre facile capire quali dati vengono trattati, per quali scopi e secondo quali basi giuridiche.

Per quanto riguarda i contenuti caricati sulle piattaforme DAD, la responsabilità ricade quasi sempre sui docenti. Sono loro, infatti, che dovranno far fronte a possibili violazioni del diritto d’autore in relazione ai contenuti caricati per le loro lezioni.

Altra criticità è legata alle autorizzazioni per attivare le app DAD: è probabile, infatti, che concedendo l’autorizzazione all’attivazione sul dispositivo, venga consentito anche l’accesso a file locali comprese le cartelle private contenenti documenti personali.

…e i fattori di discriminazione

È bene precisare che i software di sorveglianza (installati per impedire che i ragazzi copino, da un libro o sul web o che si facciano aiutare da qualcuno in casa) possono sfruttare diversi fattori di controllo, tra cui la scansione degli occhi, il riconoscimento facciale, la sorveglianza video e audio, il tracciamento degli accessi.

Il che in alcune situazioni potrebbe comportare anche delle discriminazioni. Ad esempio, uno studente con problemi motori e disabilità potrebbe essere discriminato dai software di sorveglianza che male interpretano i movimenti degli occhi, del volto e delle braccia, scambiandoli per tentativi di imbrogliare un test o eccesso di distrazione durante una lezione.

La normativa sulla DAD

Ma quali sono le precise indicazioni da seguire dettate dal Governo?

Stando all’ultimo DPCM del 3 novembre 2020 all’art. 1 comma 9 lett.s) Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale, è previsto che: le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, in modo che il 100 per cento delle attività sia svolta tramite il ricorso alla didattica digitale integrata (…) – proseguendo l’attività didattica ed educativa per la scuola dell’infanzia, il primo ciclo di istruzione e per i servizi educativi per l’infanzia continua a svolgersi in presenza, con uso obbligatorio di dispositivi di protezione delle vie respiratorie salvo che per i bambini di età inferiore ai sei anni e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina. Resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali.

Nella realtà la situazione è ben diversa, considerando che le singole regioni hanno gestito in autonomia la situazione scolastica in base ai contagi.

Dall’inizio della pandemia, infatti, abbiamo assistito al susseguirsi di diversi provvedimenti da parte del Governo che prevedevano la DAD come scelta delle singole scuole, nel caso in cui non potessero rispettare gli obblighi di distanziamento.

Conclusioni

Questa modalità farà forse parte della “nuova normalità”? Sebbene sia auspicabile che specie i più giovani possano al più presto tornare a seguire le lezioni in presenza, la DAD ha finora aiutato a superare una situazione emergenziale con delle ricadute positive anche sul rendimento scolastico. Forse la soluzione migliore da prospettare all’orizzonte potrebbe essere quella di una modalità di interazione mista, in grado di includere le tecnologie quali ausilio per un nuovo modello di didattica -opportunamente regolamentato-.

Articolo di Flavia Piscitelli, giurista e componente D&L NET

La DAD sarà forse la nuova “normalità” in ambito scolastico?