Nel momento in cui i procuratori francesi hanno puntato l’indice contro Pavel Durov, fondatore e Ceo di Telegram, avevano un asso nella manica. Che, rivela Reuters, è rappresentato dalla Legge Lopmi – le cui norme traggono origine da un white paper del ministero degli Interni francese del 2020, – una normativa severa e senza precedenti a livello internazionale (otto professionisti, tra avvocati e accademici, hanno infatti dichiarato all’agenzia di stampa di britannica di non essere a conoscenza di alcun altro paese con una legge simile).
Nel caso di Telegram – il cui lato oscuro si dipana tra indagini per fake news e porno deepfake –, ci si muove verso un processo non politico, come detto anche dal presidente francese Emmanuel Macron (che nel 2018 ha chiesto a Durov di trasferire Telegram a Parigi e, tre anni dopo, ha concesso al 39enne la cittadinanza francese).
Durov continua a difendere Telegram
Lo scorso 26 agosto il Tribunale di Parigi ha pubblicato i 12 capi di accusa nei confronti del Ceo di Telegram (rilasciato su cauzione di 5 milioni, non può abbandonare la Francia). Entrando nello specifico, le accuse nei confronti di Pavel Durov spaziano dall’assenza di moderazione dei contenuti alla mancanza di cooperazione con le autorità transalpine fino ad essere complice dei reati compiuti: condivisione materiale pedopornografico, traffico di droga e riciclaggio di denaro.
Certo, essere sotto inchiesta formale non implica in alcun modo la colpevolezza (né conduce necessariamente a un processo), ma sta a indicare che i giudici ritengono che sussistano prove a sufficienza per procedere con l’indagine. Ad ogni modo Durov continua a ripetere che Telegram non è un “paradiso anarchico” (a questo proposito il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha parlato di “condotta troppo libera nella gestione di Telegram”), e che “l’applicazione rispetta le norme dell’Ue”. Ritenendo poi “assurdo sostenere che una piattaforma o il suo Ceo siano responsabili di eventuali abusi”.
Dura lex, sed lex
Parlavamo di indagini, appunto, che possono durare anni prima di essere portate a processo (oppure archiviate). E qui si inserisce la novità della Legge Lopmi, emanata nel gennaio 2023 ed elogiata dal procuratore di Parigi, Laure Beccuau, come uno strumento potente, che colloca la Francia all’avanguardia tra i paesi che adottano un approccio più duro contro le piattaforme “rifugio” per la criminalità.
Da parte sua, Michel Séjean, docente di diritto cibernetico, fa presente che la legislazione rafforzata in Francia è giunta dopo che le autorità sono rimaste esasperate da aziende come Telegram. E in un post sul suo profilo Linkedin scrive: “È il momento di agire sfruttando tutto il margine di manovra concesso dal diritto penale francese”.
Infine Tom Holt, esperto di crimine informatico alla Michigan State University, considera la Legge Lopmi “uno strumento potenzialmente potente ed efficace, se usato correttamente”. In particolar modo, per quanto riguarda le indagini su immagini di abusi sessuali su minori, traffico di carte di credito e attacchi DDoS che prendono di mira le aziende oppure i governi.
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