La giornata parlamentare. Arriva il via libera dell’Ue alla quarta rata e al nuovo PNRR

  ICT, Rassegna Stampa
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Arriva il via libera dell’Ue alla quarta rata e al nuovo Pnrr

Un doppio via libera che chiude, almeno per il 2023, uno dei capitoli più complessi del rapporto tra l’Italia e l’Ue, quello del Pnrr. La Commissione Ue europea si avvia a formalizzare il placet alla revisione Pnrr. Per la mole dei finanziamenti e la corposità delle modifiche l’esame di Palazzo Berlaymont è stato lungo e non privo di criticità. Assieme al sì al nuovo Piano, più probabilmente all’inizio della prossima settimana, arriverà anche il via libera alla quarta rata di pagamenti chiesta dal Governo: 16,5 miliardi che saranno quindi esborsati entro l’anno come nella tempistica prevista da Roma. Che l’esame si concluda “molto presto”, come si è limitata a spiegare una portavoce della Commissione, è anche nell’ordine delle cose: la valutazione delle modifiche, che hanno interessato ben 144 misure tra riforme e investimenti, in questi 4 mesi è stata oggetto di una stretta e “costruttiva” collaborazione tra Bruxelles e Roma. Con un obiettivo: cambiare in corsa eventuali punti oscuri senza incorrere in bocciature dannose per l’Italia ma anche per l’Ue. C’è poi da tener presente anche semplicemente il calendario: affinché le risorse previste dal Recovery Plan non vadano perse, entro il 31 dicembre tutti i Piani modificati vanno approvati in via definitiva, ovvero dal Consiglio Ue

Quest’ultimo ha 4 settimane per ratificare il giudizio per la Commissione. Il Pnrr italiano dovrebbe finire sul tavolo dell’Ecofin dell’8 dicembre e non sarà certo il solo. Negli ultimissimi giorni l’esecutivo europeo ha dato via libera a ben undici Piani, accogliendo le modifiche, e l’inclusione del capitolo RepowerEu, di Croazia, Finlandia, Grecia, Polonia, Romania, Belgio, Cipro, Lettonia, Irlanda e Ungheria. Con il sì dell’Europa Giorgia Meloni e il Ministro per gli Affari Ue, il Sud, la Coesione e il Pnrr Raffaele Fitto avranno un cronoprogramma più fedele agli obiettivi del Governo e, almeno in teoria, potrebbero fare richiesta per la quinta tranche già il 31 dicembre. Il nuovo Piano italiano, inizialmente da 191,5 miliardi, nella proposta presentata dal Governo prevede 2,76 miliardi di prestiti in più tutti dedicati al Repower. Il capitolo energetico, nel suo complesso, presenta progetti per un totale di 19,2 miliardi, in grandissimi parte ricavati tagliando alcune misure distribuite sui 6 paragrafi del Pnrr iniziale. In particolare, il Governo ha rivisto i target nell’efficienza energetica, nei progetti di rigenerazione urbana, nei cosiddetti piani integrati e nella lotta al dissesto idrogeologico

È scontro sulla convocazione dei sindacati a Palazzo Chigi durante lo sciopero 

Si trasforma in terreno di scontro la convocazione delle parti sociali a Palazzo Chigi per fare il punto sulla manovra, alle porte dell’esame in Commissione al Senato, convocato a sorpresa per oggi alle 15.30 e slittato per i soli sindacati martedì alle 9.00. A metà pomeriggio era arrivato, a sorpresa, l’invito a un confronto in sala verde oggi alle 15.30 ma oggi i sindacati sono impegnati nello sciopero generale al Nord, il leader Cgil Maurizio Landini è a Torino, quello della Uil Pierpaolo Bombardieri a Brescia. Poco dopo, parte una lettera formale indirizzata a palazzo Chigi: “Chiediamo di posticipare l’orario dalle 20.00 in poi, in funzione della partecipazione di una nostra delegazione. Siamo comunque disponibili a un’eventuale convocazione nelle giornate di sabato 25 e domenica 26 novembre”. Dà la sua disponibilità solo la Cisl: “Saremo presenti come sempre domani a Palazzo Chigi alla convocazione della premier Meloni portando le nostre richieste di modifica e i miglioramenti da apportare alla manovra economica”. 

In serata, Palazzo Chigi accoglie la richiesta dei due confederali rinviando l’incontro a martedì alle 9.00, un segnale di disponibilità istituzionale in giorni in cui i rapporti tra sindacati e governo sono decisamente tesi. Nel pomeriggio Giorgia Meloni nel premier time al Senato aveva evidenziato “un cambio di atteggiamento da parte di alcune organizzazioni sindacali, che prima avevano una mobilitazione abbastanza contenuta: ho registrato tra il 2012 e il 2022 circa sei scioperi generali, mediamente uno ogni due anni, mentre adesso se ne fanno due ogni anno e anche questa è una buona notizia”. Il ruolo d’attacco continua comunque a essere giocato dal vicepremier leghista Matteo Salvini, tornato a ventilare l’ipotesi di una precettazione per lo stop di 24 ore dei trasporti di lunedì 27. 

Al premier time del Senato è scontro tra Meloni e Renzi 

I toni si sono alzati con Matteo Renzi. Fino a quel momento, il question time di Giorgia Meloni al Senato era filato via tranquillamente poi la tensione è salita fino allo scontro. La presidente del Consiglio ha rivendicato con veemenza l’azione del Governo e le opposizioni hanno rintuzzato, anche con i capigruppo Pd Francesco Boccia e Cinque Stelle Stefano Patuanelli. In Aula, Meloni ha risposto seccamente a Renzi: “Mi ha fatto un assist, parlo volentieri di come abbiamo cambiato la situazione di questa nazione” e ha elencato “la fiducia in crescita dei mercati”, i giudizi delle agenzie di rating, lo spread “ai minimi con la borsa che cresce”. Il leader Iv l’aveva accusata: “La sua coerenza si è fermata il giorno delle elezioni”, poi aveva puntato sui conti in tasca degli italiani: “I costi del pane e della benzina aumentano”. Meloni gli ha ribattuto con sarcasmo su Bin Salman e ha citato “il record di occupazione femminile, che è forse il risultato che mi rende più fiera”. 

E sul Pnrr: “Non c’è nessun ritardo”. Poi la stoccata ai sindacati: “Registro un cambio di atteggiamento: tra il 2012 e il 2022 ci sono stati circa sei scioperi generali, uno ogni due anni, mentre adesso se ne fanno due ogni anno”. Anche Francesco Boccia è partito alla carica: “Ogni giorno un’ammuina per far sapere quello che state facendo, ma ogni annuncio su un provvedimento viene sconfessato il giorno dopo. È più lungo l’elenco dei vostri dietrofront che di quello che il Governo ha fatto”. Stefano Patuanelli ha ripescato la telefonata col falso leader africano: “Non insisto sul labile confine con situazioni tragicomiche tipo ambasciatore del Katonga. Ma sull’Ucraina al telefono Meloni dice una cosa e nelle aule parlamentari dice il contrario”. E la premier, dando una stoccata al Movimento: “Penso che la responsabilità della politica sia guidare la società e non rincorrerla. Mi rendo conto della stanchezza nell’opinione pubblica, ma sono convinta che difendendo gli ucraini difendiamo il nostro interesse nazionale”. 

Il premierato ha iniziato il suo cammino in Senato

È iniziato l’iter parlamentare del ddl del Governo che mira a introdurre il premierato. Il testo è stato infatti illustrato in Commissione Affari costituzionali del Senato dal presidente e relatore Alberto Balboni, un passaggio cui seguiranno le audizioni di costituzionalisti ed esperti. La novità della giornata è l’abbinamento del ddl di Iv sul cosiddetto “sindaco d’Italia” che contiene alcuni elementi che la premier Giorgia Meloni ha detto di preferire. Vertendo sulla stessa parte della Costituzione, il ddl Renzi e il ddl Casellati sono stati abbinati a norma di Regolamento: entrambi prevedono l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, ma si differenziano per i poteri a lui attribuiti. Come ha ribadito la ministra Casellati, per non toccare i poteri del Presidente della Repubblica il Governo nel suo testo non ha aumentato quelli del futuro premier, cosa che invece fa il ddl di Italia Viva. In particolare, nel testo di Iv il premier nomina e revoca i ministri, mentre nel ddl del Governo la nomina dei ministri rimane in capo al Presidente della Repubblica su indicazione del premier. 

Inoltre, nel ddl Renzi sul “sindaco d’Italia” se il premier cade si sciolgono le Camere, un po’ come avviene oggi nei Comuni quando cade il sindaco eletto direttamente: è il principio del “simul stabunt, simul cadent”, tipico dell’elezione diretta delle cariche monocratiche; nel ddl Casellati, il premier eletto può essere sostituito da un parlamentare della sua maggioranza ed essere sostenuto anche da una maggioranza diversa. Il 3 novembre, nella conferenza stampa dopo l’approvazione della riforma da parte del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni confessò di preferire “personalmente” il sistema del “simul stabunt, simul cadent” e disse di affidarsi alle scelte del Parlamento. La Commissione, dopo l’incardinamento dei due ddl, ha anche concordato un primo calendario di audizioni, martedì e giovedì della prossima settimana. Verranno ascoltati gli ultimi presidenti della Corte costituzionale e i rappresentanti delle categorie sociali. Entro lunedì ogni gruppo dovrà indicare altri quattro nomi per un ulteriore giro di audizioni. Un primo braccio di ferro ha riguardato i tempi, che la maggioranza e soprattutto Fdi ha chiesto siano serrati, mentre le opposizioni li chiedevano più riflessivi. 

La maggioranza fa quadrato su decreto migranti. Lunedì la fiducia

La maggioranza fa quadrato, ancora una volta, sul tema dei migranti. La commissione Affari costituzionali della Camera ha dato ieri il via libera al decreto in materia d’immigrazione e protezione internazionale, nonché per il supporto alle politiche di sicurezza e la funzionalità del ministero dell’interno. L’ostruzionismo delle opposizioni è stato superato dal contingentamento dei tempi e la Commissione ha licenziato un testo con poche modifiche significative, tutte targate centrodestra e nella direzione di una ulteriore stretta. Oggi ci sarà la discussione generale e lunedì il voto di fiducia. Poi il decreto passerà al Senato, per essere convertito entro il 4 dicembre. 

Viaggia dunque spedito il terzo decreto del Governo sui migranti (dopo la stretta sulle navi delle Ong e il cosiddetto decreto Cutro) con novità su minori stranieri non accompagnatiespulsioni, allontanamento ingiustificato e risorse alle forze dell’ordine per fronteggiare l’eccezionale afflusso migratorio ma anche la crescente necessità di presidiare obiettivi sensibili. In particolare, sui minori stranieri viene confermata la possibilità, in situazioni di momentanea mancanza di strutture, che chi ha più di 16 anni possa essere inserito nei centri per adulti, in una sezione dedicata. Una proposta della Lega ha portato il tempo di permanenza nei centri per adulti da 3 a 5 mesi. Confermata anche la possibilità per l’autorità di Pubblica sicurezza di effettuare misurazioni antropometriche o altri esami sanitari per stabilire la vera età del migrante. 

Il semaforo verde è arrivato un paio di ore prima che la Premier Giorgia Meloni, in Senato, bollasse come “fake news” l’accusa di voler costruire, con i due centri in Albania, una “Guantanamo all’italiana” e respingesse la tesi delle opposizioni, contenuta in una lettera inviata al presidente della Camera Lorenzo Fontana, dove si tornava a chiedere che il testo del Protocollo “fosse trasmesso alle Camere e trovasse spazio in una legge di ratifica, come prescritto dalla Costituzione”. Per la Premier “Noi sottoporremo in tempi rapidi alle Camere un ddl di ratifica che contenga anche tutte le norme, quelle di spesa e di attuazione del protocollo. Anche il Parlamento, quindi, verrà coinvolto”, ha assicurato Meloni, ribadendo quanto annunciato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani

La Lega critica Lollobrigida sul Frecciarossa, “da evitare”

Il ministro Francesco Lollobrigida non si dimette e difende la scelta di scendere eccezionalmente a Ciampino dal Frecciarossa che viaggiava in ritardo per andare a inaugurare un parco a Caivano. Ma se FI archivia il caso, la Lega lo bacchetta; a farlo, 48 ore dopo, è Massimiliano Romeo, presidente dei senatori leghisti: “Penso che sia una cosa che bisogna evitare”. Troppo alto il rischio di innescare polemiche, è la sua tesi, nonostante la giustificazione degli impegni istituzionali da rispettare. Parole che arrivano due giorni dopo dalla presentazione di tre emendamenti alla legge di bilancio che hanno irritato non poco  i restanti partiti della maggioranza visto che l’accordo era di non presentarne nessuno. Tutti indizi, questi, che fanno intuire che la tensione fra i partiti della maggioranza sta crescendo e soprattutto tra Lega e FdI.   

Intanto, anche il Ministro e cognato della premier ridimensiona le accuse che l’hanno travolto. “Non sono mai fuggito al confronto. Sono convinto di aver agito non solo nell’ambito della legalità ma nell’interesse dello Stato e per rappresentarlo a Caivano”. Insiste che la fermata eccezionale del Frecciarossa “non era per andare in vacanza o dalla mia famiglia, ma per andare a fare il mio lavoro”. Ed enfatizza che “il vero privilegio era stare tra i cittadini di Caivano, a cominciare dai bambini” ma il governatore campano Vincenzo De Luca lo smonta con sarcasmo: “C’è un pellegrinaggio di Ministri e quindi noi della Regione abbiamo installato una tenda della Protezione civile,  ospitiamo lì i Ministri”.

Alla Camera

Dopo che ieri è stato approvato in definitiva il decreto proroga termini, l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 per l’esame, in prima lettura, del decreto in materia d’immigrazione e protezione internazionale e per il supporto alle politiche di sicurezza e la funzionalità del Ministero dell’interno

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