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Riforme, salgono le quotazioni dell’ipotesi premierato
Il primo round di consultazioni sulle riforme è interlocutorio. La premier Giorgia Meloni ascolta le proposte e in serata tira le somme: “Ho trovato chiusure sul presidenzialismo, meno sul premierato”, “non siamo innamorati di un sistema nello specifico, c’è anche la possibilità di elaborare un modello italiano”. Al tavolo con le opposizioni Meloni parte dall’analisi delle criticità: “Fortissima instabilità”, repentini cambi di maggioranza, difficoltà ad immaginare strategie di lungo periodo, debolezza a livello internazionale. Ed è questa la ragione per la quale occorre mettere mano all’assetto istituzionale: “Credo che questa sia la più potente riforma economica che possiamo realizzare”. Il confronto è iniziato puntuale alle 12.30, e come da programma, la prima delegazione ad arrivare è quella del Movimento Cinque stelle, con il presidente Giuseppe Conte. Al grande tavolo, nella sala della Biblioteca del presidente, ci sono con Meloni e il vicepremier Antonio Tajani, la ministra per le riforme Elisabetta Casellati, il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e i sottosegretari alla Presidenza Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari (il vicepremier Matteo Salvini arriverà in un secondo momento).
Non c’è nessuna bozza alla base del confronto, ma tre scenari: il presidenzialismo ‘in senso stretto’, con l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, che è anche Capo del Governo, il semipresidenzialismo sul modello francese, quindi elezione diretta del Presidente della Repubblica che nomina un Capo del Governo, oppure il cosiddetto premierato, con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, che mantiene in capo al Parlamento l’elezione del Presidente della Repubblica nel suo ruolo di personalità super partes. “Voglio capire – ha detto Meloni, secondo quanto trapelato dagli incontri – se c’è un margine per trovare una sintesi anche con le forze dell’opposizione”, perché “penso sia importante riuscire a fare una riforma del genere nel modo più condiviso possibile, ciò non vuol dire che se non è condivisa non si fa, penso che anche questo sia rispettare il mandato dei cittadini”. La premier non scarta a priori la possibilità di una bicamerale proposta dal M5S, “purché non ci siano intenti dilatori”. È il leader di Azione, Carlo Calenda, a riferire al termine del colloquio con la delegazione del Terzo Polo, che Meloni è “disponibile all’ascolto”, ipotizzando altri incontri. Quindi nel faccia a faccia con Schlein, è ferma: “Il problema non è rafforzare l’esecutivo ma rafforzare la stabilità dell’esecutivo”, e “questa non è una riforma che stiamo facendo per noi stessi” ma sarà “per la prossima legislatura” e “sarebbe miope”, è il ragionamento della premier, “non porci il problema di come possiamo utilizzare questa forza che altri non hanno avuto per lasciare un segno che possa migliorare il futuro di questa nazione”. Il confronto proseguirà, ha assicurato Meloni, con le Regioni, che hanno già chiesto di essere convocate, e con i sindaci: “Poi formuleremo la nostra proposta”.
Riforme, Schlein (PD) chiede un confronto anche su autonomia ed enti locali
Il cantiere delle riforme compatta le opposizioni o, almeno, una parte di esse. Al termine del confronto fra governo e opposizioni sulle riforme, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Più Europa sono allineate nel dire che serve sì un rafforzamento del premier per ridare più stabilità, ma assieme a un ‘No’ corale ad ogni ipotesi di elezione diretta. Sfumature diverse si registrano nell’Alleanza Verdi e Sinistra, che invece chiude a ogni ipotesi di rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio chiedendo, al contrario, un rafforzamento dei poteri del Parlamento. In questo scenario, spicca anche la nuova spaccatura interna al Terzo Polo con Italia Viva che frena sul coordinamento delle opposizioni, dopo l’apertura di Carlo Calenda.
Schlein, in particolare, ritiene necessario “allargare il perimetro del confronto” ad altre riforme sulle quali, per la leader dem, il governo ha marciato in solitaria fino ad oggi, come l’autonomia differenziata e la riforma degli enti locali: “Ci siamo concentrati a chiedere qualità sul confronto e chiarezza sul perimetro. Il perimetro deve allargarsi ad altre riforme che stanno portando avanti con forzature”, avverte la segretaria Pd: “Non abbiamo parlato degli strumenti del confronto”, spiega Schlein riferendosi all’idea di una commissione bicamerale, “a noi interessa di più il perimetro e la qualità del confronto. Questo confronto, finora, non c’è stato sull’autonomia differenziata e sulla riforma degli enti locali sulla quale, come Pd, siamo contrari a togliere il ballottaggio per i Comuni sopra i cinquantamila abitanti”. Inoltre, nel perimetro del confronto deve ricadere anche la legge elettorale per la quale Schlein chiede di abolire il listino bloccato per arrivare a un sistema che “garantisca l’effettivo collegamento fra eletto ed elettore”. No secco alla Bicamerale arriva dall’Alleanza Verdi e Sinistra: “La Bicamerale è un percorso che non ci convince, se le riforme vanno fatte è per ridare centralità al Parlamento e la via principale è l’articolo 138 della Costituzione“.
Riforme, Conte (M5S) chiede la Bicamerale. Nuove frizioni tra Azione e IV
Dal M5S arriva una richiesta molto chiara: “Raccomandiamo una commissione ad hoc“, dice il leader M5S che riferisce di aver portato al tavolo con il governo, “11 proposte specifiche per evitare, tra l’altro, cambi di casacca” e “promuovere il rafforzamento dei referendum propositivi. Abbiamo invitato” il governo a non procedere “a colpi di maggioranza”. Una sintonia, quella fra Schlein e Conte, che emerge anche quando il presidente M5S sottolinea che il Movimento è disponibile anche a discutere del rafforzamento dei poteri del premier, ma “serve un quadro equilibrato che non modifichi il ruolo del Parlamento e che non mortifichi il ruolo del Presidente della Repubblica“. Netto, in questo senso, anche lo stop all’idea di introdurre il sistema cosiddetto del Sindaco d’Italia arrivato da Elly Schlein e dal segretario di Più Europa, Riccardo Magi. “Diciamo no al premierato o Sindaco d’Italia. Una forma che non esiste in nessun paese e che indebolirebbe il parlamento“, dice la leader dem usando le stesse parole di Magi: “Abbiamo detto chiaramente che l’ipotesi del Sindaco d’Italia è una follia se non una sciocchezza con l’elezione diretta e la sfiducia costruttiva, cose che non possono stare insieme. E poi creerebbe un dualismo conflittuale tra Capo Stato e premier”.
Chi offre più credito al governo è il Terzo Polo dal momento che l’apertura all’elezione diretta del premier da parte di Azione e Iv è concreta. “Siamo favorevoli all’indicazione del presidente del Consiglio sul modello del sindaco d’Italia“, ha esordito Calenda rilanciando una delle bandiere di Matteo Renzi. Così come una bandiera del renzismo è il superamento del bicameralismo, su cui Calenda spiega: “C’è un tema grande che è l’efficienza del Parlamento, oggi viviamo in un monocameralismo di fatto: noi siamo a favore di una scelta monocamerale e di una distinzione fondamentale delle due Camere”. Parole che fanno pensare a un ricostituito asse fra Calenda e Renzi dopo lo strappo sul partito unico. E puntuale arriva la presa di distanza. Dopo il confronto con il governo “è importante che le opposizioni abbiano un loro dialogo e quindi ci sentiremo con le altre opposizioni, abbiamo la necessità di parlarci, è importante, logico, normale e giusto”, dice Calenda. Maria Elena Boschi marca le distanze: “La proposta di Calenda impegna Azione. Noi di Italia viva riteniamo che non ci sia la necessità di un coordinamento con le opposizioni, tantomeno con i 5 stelle”.
PNRR, Pichetto Fratin (FI) chiede un ripensamento degli investimenti
“Il Recovery è stato costruito in un’epoca lontanissima, quella del post-Covid. Bisogna fare una riflessione sui piccoli interventi che si ribaltano su migliaia di comuni, dove a volte c’è anche la difficoltà a fare le necessarie delibere. Bisogna essere realistici. Ci sono misure che vanno in migliaia di rivoli degli enti locali. Ora si è in fase di verifica di ciò che è attuabile e ciò che non lo è, ciò che è opportuno mantenere e ciò che non si può mantenere. Non me la sento di dire che era sbagliato allora”. Così a La Stampa il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, per il quale “Oggi, con un quadro geopolitico completamente cambiato, e con una sensibilità da parte del consumatore che è molto diversa da quella di tre anni fa, assicuro che nel giro di pochissimi giorni verrà proposto cosa andrà nel PNRR e cosa nel RePowerEU. Deve chiudersi tutto il cerchio”. La focalizzazione su cosa dovrebbe essere? “Rispetto al dialogo con Bruxelles, chiederei di concentrarsi sui grandi investimenti per infrastrutturare il Paese anche forzando rispetto ad alcuni meccanismi di grandi investimenti perché credo che sia un’occasione storica”. Quindi rinuncerebbe a qualche cosa? “Nello specifico è difficile da dire. Ma sui fondi che hanno un ribaltamento sui comuni più piccoli – io abito in un Paese da 120 abitanti, che peraltro non usufruisce del PNRR – c’è bisogno di più realismo e più razionalità“. In passato non si sono saputi spendere i fondi di coesione, però. “Noi dobbiamo far combaciare i fondi del PNRR, 192 miliardi di euro, con quelli del fondo complementare, circa 30 miliardi, e 80 miliardi dei fondi strutturali 2021-2027. Più 70/80 miliardi dei fondi di coesione“. “Bisogna capire che cosa si riesce a fare entro il 2026“. Alcune risorse “possono andare nel PNRR, altre possono andare in altri strumenti. Ho spiegato al ministro Fitto che forse, in alcuni ambiti, è meglio spostare qualche progetto verso i fondi di sviluppo e coesione”.
Gdf, Zafarana lascia, ma ancora nessun accordo per il successore
Con una cerimonia solenne nella piazza d’armi della caserma Piave, Giuseppe Zafarana ha lasciato nel pomeriggio la Guardia di Finanza dopo 42 anni di servizio, gli ultimi 4 da comandante generale. Sul suo successore non c’è però ancora l’accordo nel Governo. E Giancarlo Giorgetti, non a caso, ha parlato di “scelta non semplice“, che si conclude con una deliberazione del Consiglio dei ministri. “Su proposta del ministro dell’Economia” ha anche sottolineato, rimarcando le proprie prerogative e confermando le tensioni nella maggioranza. In attesa che la politica decida, le Fiamme Gialle saranno rette dal comandante in seconda, il generale Andrea De Gennaro. Proprio De Gennaro è il nome al centro dell’impasse. Sul fratello dell’ex capo della Polizia e del Dis, Gianni, puntavano forte la premier Giorgia Meloni ed il suo plenipotenziario del comparto Intelligence, il sottosegretario Alfredo Mantovano. Ma giovedì scorso, nel corso di un franco confronto a Palazzo Chigi, si sono messi di traverso Giorgetti, in asse con il titolare della Difesa, Guido Crosetto. I due – il primo è il ministro proponente la nomina, il secondo quello “concertante” – avevano un altro candidato: il generale Umberto Sirico. E’ passata una settimana, i contatti si sono susseguiti febbrili nell’esecutivo per cercare di arrivare ad un’intesa, magari su un nome terzo. Ma non c’è stato nulla da fare. Proprio oggi c’era una dead line: la data delle dimissioni di Zafarana, che da domani sarà presidente dell’Eni. L’obiettivo era quello di evitare sgrammaticature istituzionali ed arrivare alla cerimonia con il passaggio di consegne tra il comandante uscente e quello entrante. Non è stato così e le Fiamme Gialle saranno ora guidate da un “reggente”.
Gli undici possibili candidati erano tutti presenti sul palco per il saluto a Zafarana ma sarebbero i generali Fabrizio Cuneo, Fabrizio Carrarini e Ignazio Gibilaro a comporre la terna alternativa proposta dalla premier se non passasse De Gennaro. Il cui nome rimane comunque ancora sul tavolo e, nel frattempo, è formalmente alla guida delle Fiamme Gialle, sia pure da reggente. Mentre, a questo punto, sembrerebbe fuori gioco il generale Sirico. Giorgetti sembra però intenzionato a non farsi passare la nomina sulla testa. Dall’altro lato, FdI non è disposta ad ingoiare che la Lega indichi due cariche chiave del comparto sicurezza: oltre alla Gdf, è infatti in ballo la nomina del nuovo capo della Polizia, l’attuale vicedirettore dell’Aisi, Vittorio Pisani, sul quale invece è stata trovata la quadra. Pisani è proposto dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ed ha il gradimento del partito di via Bellerio. Giovedì prossimo è in programma il Consiglio dei ministri, ma al momento sembra che non siano ancora maturi i tempi per una fumata bianca.
Alla Camera
Come di consueto oggi alle 15.00, l’Assemblea della Camera dei deputati discuterà le interrogazioni a risposta immediata. Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari costituzionali, assieme alla Lavoro, svolgerà diverse audizioni ed esaminerà il decreto per il rafforzamento della capacità amministrativa delle Amministrazioni pubbliche il cui termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato per le 18.00 di giovedì. La Esteri ascolterà l’Incaricato d’affari ad interim dell’Ambasciata del Giappone Tsukasa Hirota. A seguire svolgerà delle audizioni sulla recente evoluzione della situazione politico-istituzionale in Tunisia.
La Finanze proseguirà il ciclo di audizioni sulla delega al Governo per la riforma fiscale; la Cultura proseguirà le audizioni sull’impatto della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica sui settori di competenza della Commissione. La Ambiente proseguirà le audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’impatto ambientale degli incentivi in materia edilizia e, insieme all’Attività produttive, le audizioni sulla proposta di regolamento su imballaggi, rifiuti di imballaggi e riduzione della plastica nell’ambiente. La Attività Produttive svolgerà delle audizioni sullo schema del piano strategico di sviluppo del turismo per il periodo 2023-2027.
Al Senato
Per quanto riguarda le Commissioni, la Politiche dell’Ue proseguirà il confronto sugli aspetti istituzionali della strategia commerciale dell’Unione europea e si esprimerà su alcuni atti europei in materia di acque, qualità dell’aria, infrastruttura Gigabit e prevenzione e repressione della tratta di esseri umani. In Ambiente e Trasporti, alle 14.00 scade il termine per la presentazione di emendamenti al DL Siccità.
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