La riunione dei BRICS e la creazione di un nuovo ordine economico mondiale (di C.A. Mauceri)

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Ormai la guerra in Ucraina ha assunto sempre più i toni di uno spot pubblicitario:

in una intervista il generale e capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov, avrebbe dichiarato che tra poche settimane la guerra subirà una svolta a favore del popolo invaso e di essere certo che nel giro di pochi mesi l’Ucraina tornerà ai confini che aveva nel 1991.

Peccato che le notizie dal fronte offrano uno scenario completamente diverso: gli ucraini, nonostante i miliardi di dollari di armi che arrivano da ogni parte del pianeta, continuano ad arretrare (una decisione “tattica”, “per ottenere una vittoria strategica, il nostro comando ha deciso di raggrupparsi su nuove posizioni”, avrebbe detto Budanov).

La prima riflessione è: da quando in qua i servizi “segreti” parlano in televisione e sui social network? E poi. Che senso avrebbe dire ai propri oppositori cosa si vuole fare e cosa si sta facendo strategicamente?

Una situazione che ha del ridicolo e che, forse, dovrebbe servire a distrarre l’attenzione da quello che sta avvenendo nel resto del pianeta.

Nei giorni scorsi si è tenuto l’incontro dei paesi BRICS: Brasile, Russia, India, Cina e SudAfrica. Un incontro importantissimo in termini assoluti e in questo momento particolare.

In termini assoluti è ormai evidente la volontà di fare di questo gruppo una alternativa al G7, il gruppo dei paesi più industrializzati. E i numeri sono dalla loro parte. I cinque paesi BRICS rappresentano il 40 per cento della popolazione mondiale e il 23 per cento del PIL globale. È naturale quindi che non siano più disposti a giocare un ruolo di secondo piano nella governance globale gestita, finora, quasi esclusivamente dai paesi occidentali.

Ma non è solo questo: si tratta dell’ennesimo passo verso uno spostamento a est del baricentro dell’economia globale. Ormai non si tratta più di “grandi paesi emergenti”. Si tratta di paesi che crescono ad un ritmo che i paesi occidentali (UE e USA in primis) non riescono a reggere. E che, nonostante differenze anche rilevanti e interessi politici non sempre concordanti, sono ben consapevoli delle proprie potenzialità. L’obiettivo dell’ultimo incontro era “iniettare energia positiva nel mondo afflitto da turbolenze e sfide”, come ha dichiarato il ministero degli Esteri cinese presentando l’evento.

Che l’economia si sta spostando a est lo dimostra anche la notizia della possibile creazione di un “BRICS Plus”, ovvero un gruppo allargato comprendente altri paesi (Argentina, Messico, Egitto, Nigeria, Senegal, Indonesia, Emirati Arabi, Arabia Saudita ed altri). Uno scenario ancora da definire e sulla carta abbastanza complesso ma molto interessante: dei 14 paesi che dovrebbero entrare a far parte dei BRICS Plus, quando l’ONU ha condannato l’invasione dell’Ucraina, sette hanno votato a favore di questa decisione, sei si sono astenuti e uno solo ha votato contro. Tra i BRICS, invece, solo il Brasile di Bolsonaro all’ONU ha formalmente condannato l’invasione, la Cina ha votato contro, India e Sudafrica si sono astenuti.

A proposito di “guerra” in Ucraina. Per il presidente russo Vladimir Putin, sedere intorno al tavolo (virtuale, visto che l’incontro è avvenuto in videoconferenza) con Xi Jinping, il Primo ministro indiano Narendra Modi, il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro e il Presidente sudafricano Cyril Ramaphosa è stata l’opportunità per dimostrare che la Russia, nonostante le sanzioni dei paesi occidentali, non è affatto in difficoltà e che non è isolato (come vorrebbero far credere le sanzioni imposte). Il rublo continua ad essere una moneta forte rispetto al dollaro americano (ma di questo non si parla) e Putin ha annunciato che si sta lavorando alla creazione di una valuta per gli scambi internazionali basata sul paniere delle valute dei paesi BRICS. In pratica la fine del dollaro come moneta di riferimento per gli scambi.

Il messaggio dei BRICS al resto del mondo è chiaro. “No alle sanzioni. No all’espansione della Nato. Sì alla globalizzazione. Sì al dialogo per una ripresa economica guidata dall’innovazione”. Alla vigilia del Summit, Xi Jinping ha ribadito che, a suo parere, l’ordine mondiale è ormai multipolare, aggiungendo che le sanzioni contro la Russia sono “arbitrarie” e “un boomerang” (e stando ai numeri che si stanno verificando in Europa c’è da credergli).

Tutti aspetti importanti. E non solo dal punto di vista economico. Ad esempio, rispondendo alla ventilata crisi alimentare causata dalla guerra in Ucraina, i cinesi hanno ripetuto che i BRICS potrebbero risolvere il problema senza sforzi.

I governi BRICS sono molto divisi e differenti tra loro. Ma uniti da un “nemico” comune: il primato economico occidentale. E visto che la crescita di questi paesi è prima di tutto economica (del resto anche l’UE in origine era una mera unione economica), tutto il resto, tutti i problemi reciproci passano in secondo piano. Basti pensare al rapporto tra Pechino e New Delhi. L’India fa parte del ‘Quad’ (con Stati Uniti, Giappone e Australia) e del nuovo Indo-Pacific Economic Framework lanciato da Biden, che mirano a bilanciare l’egemonia cinese. E Modi è stato invitato a partecipare come ospite all’ultimo G7. Ma questo non deve trarre in inganno: al governo indiano fa molto comodo ricevere petrolio russo a prezzi scontati dopo le sanzioni europee.

Le sanzioni imposte alla Russia potrebbero rivelarsi un errore geopolitico e strategico di dimensioni storiche: Nessuno dei paesi BRICS ha aderito alle sanzioni economiche occidentali contro la Russia. Il motivo per cui i paesi BRICS si sono tutti rifiutati di aderire a tali sanzioni è perché condividono la stessa antipatia per le sanzioni unilaterali imposte dall’Occidente” ha scritto un giornale cinese. Per i paesi BRICS (e per molti degli aspiranti BRICS Plus) È ormai chiaro che le potenze occidentali salvaguardano i propri interessi egemonici attraverso sanzioni, senza alcun riguardo per gli interessi delle economie emergenti e in via di sviluppo e per portare nuove incertezze e rischi al mondo. Dietro le sanzioni c’è l’egemonia del dollaro”. La verità è che le sanzioni imposte alla Russia hanno accelerato il processo di de-dollarizzazione in tutto il mondo. Non sono solo i BRICS, ma anche molte altre economie in via di sviluppo, a rendersi conto della necessità di ridurre il ruolo del dollaro nei pagamenti globali.

In contesti bilaterali, le discussioni sull’esplorazione di nuove valute per l’insediamento commerciale stanno diventando sempre più popolari e comuni, un’indicazione che l’abuso del proprio potere finanziario da parte degli Stati Uniti ha alimentato la tendenza alla de-dollarizzazione.

Davanti a questo obiettivo comune, tutto il resto passa in secondo piano. Le tensioni tra India e Cina, nel 2020, si sono trasformate in uno “scontro di confine”. Ora, parlando di ciò che avviene in questi giorni in Ucraina, nessuno dei leader dei BRICS ha pronunciato la parola “guerra”, si è preferito utilizzare eufemismi che ricordano le “missioni di pace” e le “azioni di polizia internazionale” (condotte fino a poco tempo fa dai paesi occidentali in Medio Oriente e presentate sempre come grandi successi, ma quanto accaduto in Afghanistan non lascia dubbi).

Continuare a far parlare il presidente ucraino in ogni dove (sempre vestito di verde militare come se fosse sul fronte, anche quando partecipa a riunioni dove tutti gli altri indossano abiti normali – ma del resto, non bisogna dimenticare che lui è prima di tutto un uomo di spettacolo – a proposito, visto che ormai spunta dovunque, qualcuno ha mai calcolato il suo share?) e ora diffondere la notizia secondo la quale i servizi segreti saprebbero già tutto sull’evoluzione della guerra in Ucraina è solo un tentativo (l’ennesimo e alquanto ridicolo) di distogliere lo sguardo degli occidentali da come sta cambiando il mondo. Soprattutto per colpa di scelte geopolitiche sbagliate da parte dei leader occidentali.

C.Alessandro Mauceri


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