L’importanza della “sovranità digitale” (di P. Becchi e G. Palma su Libero)

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Articolo a firma di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero del 2 dicembre 2020:

La pandemia ha messo in ginocchio soprattutto due categorie: le cosiddette “partite Iva” e la piccola-media impresa. In altre parole il motore del miracolo italiano, il tessuto produttivo e artigianale su cui l’Italia ha fondato per decenni il suo sviluppo economico. Può piacere o meno ma è così.

La crisi della PMI non è avvenuta solo a causa dell’assenza di provvedimenti economici strutturali a favore di artigiani e negozianti, ma anche attraverso la concorrenza sleale e l‘ingiustizia fiscale – che il governo continua a consentire – dei colossi del commercio on-line. Uno su tutti Amazon, multinazionale americana del magnate Jeffrey Bezos. Costringendo milioni di persone a stare a casa o a lavorare in smart-working, il governo ha di fatto mandato in fallimento le piccole e medie imprese italiane a vantaggio del colosso americano, che, guarda caso, durante il primo lockdown ha guadagnato 96 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Cresce anche il bilancio di Amazon Web Services, che ha raggiunto i 10,8 miliardi di dollari di fatturato nel secondo trimestre 2020, un balzo del 29% rispetto all’anno precedente.

Si pensi ora al mercato dei libri e all’intero comparto dell’informatica. Con librerie e negozi chiusi dai primi di marzo alla metà maggio, il commercio on-line l’ha fatta da padrona e il problema si è ripresentato anche in autunno, con alcuni negozi e librerie che hanno potuto rimanere aperti ma con gli italiani chiusi in casa, quindi incentivati ad acquistare on-line. Ciò sta causando lo smantellamento del commercio tradizionale a vantaggio del commercio digitale delle piattaforme straniere.

E non si tratta solo del commercio, si pensi alla giustizia, alla scuola e all’università. Le udienze da remoto e la didattica a distanza avvengono principalmente tramite Teams, che è un’applicazione di Microsoft, multinazionale di Washington creata da Bill Gates e Paul Allen, oppure utilizzando, soprattutto nelle scuole, G Suites for Education di Google.

L’Italia è il Paese che sembra soffrire più di tutti lo tsunami di questa nuova economia digitale, mentre la vicina Svizzera ha reagito diversamente. Già dal 2018 gli elvetici, allo scopo di aiutare i commercianti locali, hanno previsto una tassazione per tutte le società straniere che si occupano di vendite per corrispondenza e che generano più di 100mila franchi l’anno in spedizioni. Ciò ha fatto sì che dal 2019 Amazon, trovando sconveniente il commercio in Svizzera, abbia consigliato ai propri clienti di effettuare ordini presso le filiali europee, spedizioni sulle quali Berna applica comunque una tassazione. In questo modo la Svizzera ha protetto con successo il commercio interno. Non le manda a dire neppure la Francia, dove parecchi sindaci stanno facendo cordata per lanciare una petizione contro Amazon, e altre iniziative che vanno nella stessa direzione coinvolgono librai, editori, uomini di cultura, politici e commercianti.

L’Italia invece subisce senza reagire. Salvini ha tentato, forse a nostro avviso un po’ ingenuamente, un primo confronto diretto con Amazon, ma nella sostanza non ha ottenuto un granché, al di là di una generica disponibilità a valorizzare i prodotti made in Italy sulla piattaforma e ha suscitato l’irritazione degli alleati che vi hanno visto una mancanza di fermezza nei confronti della multinazionale americana che tra l’altro dequalifica il lavoratore, aumenta di fatto il lavoro precario sfruttando quello  interinale con manodopera in prevalenza di immigrati e presenta condizioni  di lavoro con ritmi elevati e con sorveglianza  dei lavoratori difficilmente compatibili con quanto previsto dalla nostra Costituzione. Per il governo invece il problema non esiste, sono sufficienti le “mancette” ai negozianti e la “patrimoniale” che certo non riguarda Amazon. Eppure almeno una bella “patrimoniale” in questo caso non gusterebbe. Una soluzione immediata, soprattutto in occasione del commercio natalizio, potrebbe infatti essere quella adottata dalla vicina Svizzera: imporre una importante tassazione sulle spedizioni on-line per tutte quelle società straniere che fatturino oltre una certa cifra.  In tal modo agli italiani converrebbe comprare i regali di Natale nei negozi di quartiere, aiutando così l’economia domestica. Lo fanno in Svizzera non si vede perché non lo si possa fare in Italia.

Questa come misura di corto respiro, mentre come intervento strutturale occorrerebbe investire sulla economia digitale. Piattaforme on-line di imprese italiane – con lavoratori italiani – sia per il commercio che per l’amministrazione pubblica, la giustizia, la scuola, l’università. È in questo settore che il governo dovrebbe investire il denaro pubblico, non nei monopattini o nei banchi a rotelle cinesi. Se per i libri esiste già nel milanese, Ibs, una società a responsabilità limitata di Assago, su tutto il resto dipendiamo completamente dall’estero.

Sulla moneta ci siamo fatti fregare dai banchieri, quantomeno sul digitale cerchiamo di non restare a guardare e di ritagliarci almeno una fetta di sovranità.

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero del 2 dicembre 2020

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Consigli letterari:

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma, “DEMOCRAZIA IN QUARANTENA. Come un virus ha travolto il Paese“, Historica edizioni, aprile 2020.

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