Ora occorre prendere il toro per le corna
Tanto tuonò finché piovve. Alla fine si sta comprendendo che il vero nodo che blocca la realizzazione della rete nazionale è proprio Open Fiber. Ma nessuno ha voluto, sino a oggi, prendere il toro per le corna. E lo spettro di Open Fiber si è ineluttabilmente materializzato.
Come abbiamo sempre sostenuto in questi mesi, fintantoché non si risolverà il problema dello stato di grave crisi di Open Fiber, non sarà possibile risolvere quello della rete nazionale, su cui il Governo rischia peraltro di fare una brutta figura. Dopo numerosi quanto sostanzialmente infruttuosi incontri tra le parti, nulla lascia infatti intravedere la via maestra attraverso cui risolvere un problema, come quello della rete, vecchio di 15 anni almeno.
E intanto si pompa testardamente il defunto MoU
Come è noto il vertice di Open Fiber ha ispirato il famoso MoU a Cassa Depositi e Prestiti (CDP) perché portasse avanti lo scorporo della rete TIM e la successiva fusione con Open Fiber, nel tentativo di annacquare i propri risultati deludenti.
Cassa Depositi e Prestiti, evidentemente malconsigliata, si è imbarcata in una operazione fallimentare come quella del MoU che si è infranta non, come è stato strumentalmente riportato da alcuni giornali, per un blocco imposto dal Governo, ma per la incapacità insita del progetto da un lato di reperire le risorse finanziarie necessarie e dall’altro di trovare i partner per condurre in porto l’operazione.
Visto il fallimento del MoU, il Governo ha iniziato una serie di interlocuzioni per cercare di trovare una soluzione alternativa. Interlocuzioni che, purtroppo, ripropongono ancora il MoU e che per questo saranno inconcludenti.
Il problema si chiama Open Fiber
Purtroppo, da qualsiasi angolo la si guardi, questa partita si scontra sempre con un problema che si chiama Open Fiber.
Questo problema ha una triplice natura:
1) La sopravvivenza del management di Open Fiber è legata al MoU e quindi, per interessi personali, continuerà a fare di tutto per riesumarlo e tentare di resuscitarlo, facendo perdere tempo prezioso a tutti ed allontanando così la soluzione del problema (che è esattamente quello che sta succedendo in questi giorni);
2) Open Fiber ha chiaramente dimostrato di non poter più essere il perno di una operazione industrialmente molto complessa, non essendo stata in grado di portare avanti neanche il proprio piano industriale ed anche per questa ragione è bene che la rete rimanga in TIM e non venga scorporata;
3) Open Fiber ha perso valore, rispetto a quanto era stata valutata all’atto dell’acquisizione della quota Enel da parte di CDP e Macquarie, e questo crea una ulteriore difficoltà per gli equilibri ed i concambi originariamente previsti per l’operazione di merger con a rete di TIM. Una perdita di valore dovuta innanzitutto ai gravi ritardi nelle Aree bianche e alla riduzione del vantaggio che Open Fiber aveva acquisito in passato rispetto a FiberCop nelle Aree nere.
Cambiare il vertice di Open Fiber per risolvere il problema della rete nazionale
Il combinato disposto di questi due eventi appena descritti ha avuto un impatto fortemente negativo sullo stesso conto economico aziendale di Open Fiber, che richiederà per questa ragione l’ennesima stesura di un piano industriale nuovo rispetto a quello approvato appena un anno fa.
Naturalmente, immaginiamo che (come accade in tutte le aziende serie) il nuovo piano industriale non possa essere fatto da questo management che ha firmato il fallimento del precedente piano industriale. Né, in queste condizioni, è consigliabile una nuova ricapitalizzazione della società con denaro pubblico.
La conclusione è chiara.
Fino a che non si risolve il nodo di Open Fiber lo spettro continuerà ad aleggiare e la soluzione di come affrontare il tema della rete nazionale sarà sempre lontana.
E su questo, francamente, nessun tavolo avrà gambe così forti da riuscire a rimanere in piedi…
https://www.key4biz.it/lo-spettro-di-open-fiber-aleggia-minaccioso-sul-tavolo-della-rete-nazionale/429622/