Le chiavi di lettura dei risultati elettorali si prestano sempre a diverse interpretazioni. Che tu voglia vedere il bicchiere mezzo pieno, o mezzo vuoto, una riposta, che ti soddisfi, la trovi comunque.
Un elemento discriminante sono però le aspettative e gli obiettivi che ti sei posto. Misurare il risultato rispetto a questi può essere un ragionevole criterio per tradurre una certa quantità di voti e di percentuali in una valutazione politica.
Il risultato abruzzese, pressoché stazionario del M5S, esaminato alla luce delle circostanze politiche (un PD tracollato che ha perso la regione), e in considerazione dello sforzo di governo a livello nazionale (scendendo a compromessi con la Lega), è ben poco rincuorante; anzi, desta parecchia preoccupazione sulla validità della linea politica perseguita sino ad oggi.
Proviamo a individuare alcuni fattori critici, cui guardano con sempre maggiore preoccupazione una fetta crescente di attivisti/simpatizzanti che, del M5S, hanno costituito le fondamenta nel corso degli anni.
Alleanza con la Lega.
Che lo si voglia chiamare “contratto di governo” può rincuorare qualcuno, ma se si analizzano gli sviluppi politici degli ultimi mesi, al di là dei contenuti specifici, la criticità è evidente. Un contratto implica un accordo tra soggetti, definito con un documento che certifica diritti e doveri delle parti. Un contratto politico sancisce un’alleanza trasparente, di durata variabile, cui i sottoscrittori si vincolano per soddisfare interessi (politici) comuni. Questa seconda tipologia richiede un margine di fiducia molto ampio, non essendoci un terzo soggetto cui appellarsi, in caso di mancato rispetto degli accordi da parte dei sottoscrittori.
Il punto critico è determinato dalla chiara divergenza degli interessi realmente in gioco, oltre a quelli dichiarati come comuni. Matteo Salvini, dalle ultimi elezioni politiche, non ha mai smesso di fare campagna elettorale – pro domo sua,- e la sua attività di ministro è stata tutta incentrata in questa ottica. Salvini si è comportato come un “free rider” – direbbero gli anglosassoni,- la cui azione è stata per lo più (o quasi esclusivamente) incentrata sulla questione dei migranti.
Se è vero che tale argomento spinoso, lasciato incancrenire dalla sinistra fintamente buonista, ha richiesto interventi urgenti e anche odiosi, è altrettanto vero che il M5S è stato, sino ad oggi, incapace di porre la questione nei termini più ampi, necessari per affrontare questa tipologia di problema. La retorica del “aiutiamoli a casa loro”, altro non è che un banale slogan propagandistico: Salvini ha giocato da subito questa carta. Il M5S non ha contrastato, e messo allo scoperto, il bluff di questa impostazione.
Perché se si vuole “aiutarli a casa loro” allora si imposta – subito,- un progetto politico transnazionale, articolato per obiettivi, e per attività, e non ci si limita a depotenziare l’accoglienza, creando ulteriori criticità. Si è giocato, sino a questo momento, una lotta di posizione con le burocrazie europee; queste hanno chiaramente delle responsabilità gravi a riguardo, ma la politica la si realizza pianificando progetti, e non rimpallando responsabilità. Nemmeno, e questo è ben più grave, confinando i disperati nei lager libici dove “occhio non vede… cuore non duole”.
Se il braccio di ferro e la linea dura hanno comunque conseguito l’obiettivo di evidenziare l’ipocrisia dell’impostazione europea sull’immigrazione, e comunque conseguito una significativa riduzione degli sbarchi, il vantaggio è andato tutto alla Lega, che ha scavato nel solco profondo dei sentimenti più torbidi della destra italiana, e degli insoddisfatti in generale, che attribuiscono agli immigrati ogni colpa delle proprie pene. Mentre il M5S non ha garantito, al variegato mondo degli elettori delusi di sinistra, la sopravvivenza – e l’affermazione,- di quei sentimenti umanitari (autentici) che la caratterizza (diversamente dal buonismo fallimentare dei dirigenti). Il risultato, di fatto, è la crescita della Lega, che incamera l’elettorato berlusconiano, e l’aumento dell’astensione, che penalizza il movimento.
La storia del TAV.
Apparentemente questa questione dovrebbe avere un ruolo marginale, ma le dichiarazioni, gli appelli, e le panzane dei soliti media – sempre più pressanti,- indicano una questione ben più delicata e importante.
Questa non consiste nella vicenda della linea Torino-Lione in sé; bensì nell’aver “imposto”, a contratto, l’analisi costi-benefici per l’opera. Questa scelta rappresenta una questione “rivoluzionaria” nel panorama politico italiano, e pochi se ne rendono conto.
L’introduzione della C/B torna a porre (finalmente), nel dibattito politico, la questione della “razionalità” delle scelte politiche sulle quali si dovrebbero basare le azioni dei decisori. Negli ultimi 20 anni abbiamo avuto, nel nome di una fittizia governance, un totale sbilanciamento – attraverso leggi insane,- dei poteri di controllo dello Stato (e della tutela degli interessi collettivi) in favore dei privati (amici, e amici degli amici).
Le cronache giudiziarie, i fallimenti delle “grandi opere” faraoniche (di cui il Mose rappresenta l’ultimo fulgido esempio), le inutilità di altre realizzate – di cui non si rientrerà giammai dei costi sostenuti,- valgono a testimoniare quanto accaduto per mano dei governi di csx e di cdx (di cui la Lega ha fatto parte).
La criticità è proprio rappresentata dal fatto di una Lega che, a parole, si professa per il cambiamento, ma, nei fatti – e nelle dichiarazioni,- ripropone il modello economico-politico, nella gestione delle opere, che ha caratterizzato per decenni il nostro paese, e che tanti danni economici ha prodotto.
Le dichiarazioni di Salvini sul Tav non possono che essere lette sotto questa luce; anche in considerazione del fatto che, proprio in Piemonte, egli deve distogliere l’attenzione del pubblico dalla conferma delle condanne in appello subite da uomini della Lega per il famoso (quanto dimenticato) scandalo rimborsopoli.
Può quindi essere questa Lega un affidabile partner politico con cui attuare tutti i cambiamenti di cui l’Italia ha bisogno? Penso, per esempio, al conflitto di interessi, che rappresenta una piaga nel nostro sistema economico. Per questo, come per molti altri, è necessario possedere una totale indipendenza, e godere di una posizione di non ricattabilità verso altri poteri (più o meno occulti).
Lega Vs M5S.
Non possiamo certo sottovalutare, o negare, le iniziative politiche positive portate avanti da questo governo (con il contributo sostanzioso del M5S). Siamo consapevoli che il Movimento, nato e cresciuto con notevole rapidità, in un tempo piuttosto ridotto, e travolto da troppe aspettative (dovute al crollo del sistema partitocratico tradizionale) avrebbe avuto bisogno del supporto di un “compagno” politico di altra natura, che ne compensasse le evidenti ingenuità, sostenendone invece i valori positivi (e rivoluzionari).
Ma nel panorama politico italiano, oramai desertificato, quanto a figure politiche di un reale prestigio, e di statura (morale e intellettuale), si finisce per dover accettare compromessi difficili da digerire.
In questo gioco tende ad essere vincente, nuovamente, la Lega. A suo vantaggio anche il ruolo maldestro di dichiarazioni, ed esternazioni, di alcuni ministri pentastellati, che offrono troppo spesso il fianco alla messa in berlina da parte di quella sinistra agonizzante, ma che ritrova, in queste opportunità (gratuite), brevi sussulti di gloria.
Su questo aspetto molti si domandano quale ruolo giochi la Casaleggio. Se essa deve essere garante della “comunicazione”, siamo di fronte a qualche carenza strutturale: possibile che essa non sia ancora riuscita a impartire la lezione, nella testa di alcuni esponenti cinquestelle, che quando si apre bocca – o si scrive,- occorre avere, in primo luogo, riguardo alla figura (al ruolo) istituzionale che si ricopre, evitando così figure barbine?
Ciò che può permettersi Salvini, non significa se lo possano permettere i pentastellati, e che sortisca lo stesso effetto, avendo un elettorato differente.
E’ tempo di riflettere, per i Cinque Stelle, in modo più articolato, in prospettiva sul proprio futuro, sulla propria organizzazione interna, sul sistema di assunzione delle decisioni: magari ponendo mente ai principi da cui la storia del movimento ha avuto inizio.
Molti di noi non li hanno ancora dimenticati. A buon intenditor…
Davide Amerio
(Tgvallesusa.it)
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