Sarà la prima nativa americana ad entrare in un governo Usa.
Eletta al Congresso per il collegio di Albuquerque, nel New Mexico, è originaria dell’Arizona, di Winslow precisamente, città che i più maturi hanno ricordato per la canzone degli Eagles “Take it easy” e per la Route 66.
Debra, per tutti Deb, Haaland, 60 anni, madre single che produceva salsa messicana per vivere, è stata nominata da Biden Segretario agli Interni.
Per i nativi americani, questo dipartimento è significativo perché sovrintende i territori federali e le risorse naturali, che si trovano soprattutto nell’ovest degli Stati Uniti. Uno dei suoi compiti sarà di ripristinare, su questi territori, sotto il controllo federale le tutele che erano venute meno durante l’amministrazione Trump, che lì ha aperto alle miniere e allo sfruttamento petrolifero.
Se confermata dal Senato, sarà una conquista storica, oggi più che mai, dato che i nativi, gli indiani d’America, primi cittadini del continente, sono per molti aspetti gli ultimi della nazione, pur essendo quasi due milioni di persone.
Haaland appartiene ai Laguna Pueblo da parte di madre, mentre il padre, che era di origini norvegesi, è stato un ufficiale dei Marines. Aveva già scritto la storia americana di questo nuovo millennio quando nel 2018 era stata eletta al Congresso insieme con Sharice Davids del Kansas.
Il 18 dicembre ha twittato confermando le indiscrezioni che erano circolate sulla stampa americana: “Una voce come la mia non è mai stata segretaria di gabinetto né a capo del dipartimento degli interni. Crescere nella famiglia Pueblo di mia madre mi ha reso feroce. Sarò feroce per tutti noi, per il nostro pianeta e per tutta la nostra terra protetta. Sono onorata e pronta a servire”. E la foto di copertina è tratta dai profili ufficiali Twitter e Instagram di Haaland che conta ad oggi sul primo social network quasi 173 mila follower, mentre sul secondo quasi 95 mila. Quasi 104 mila sono invece i follower che la seguono in un altro profilo ufficiale Twitter. Sui social network anche il merchandising “Be fierce”, sii feroce, non solo felpe ma anche la mascherina, immancabile accessorio di questi tempi.
Haaland ha studiato Giurisprudenza all’Università del New Mexico, ma non ha superato l’esame per l’ordine degli avvocati, una porta scorrevole fondamentale per la sua vita: ha dichiarato di essere entrata in politica proprio a seguito di quel passo falso che l’ha resa ancora più forte. Feroce, dice lei.
Il dipartimento agli Interni avrà un ruolo centrale nel piano per l’ambiente e il clima: questi sono proprio i temi cari ad Haaland per cui si è spesa al Congresso. “Ha trascorso la sua carriera combattendo per tutti gli americani, comprese le nazioni tribali, le comunità rurali e le comunità di colore”, hanno riportato fonti a lei vicine dalla Camera dei rappresentanti.
Al dipartimento, sarà alla guida di oltre 70 mila dipendenti che si occupano delle risorse naturali del Paese, compresi parchi naturali e siti di trivellazione, nonché le terre tribali dove vivono le 578 tribù ufficialmente riconosciute dal governo federale degli Stati Uniti.
I nativi americani hanno dato un grosso contributo all’elezione di Joe Biden, specialmente in Arizona e Wisconsin. In entrambi gli Stati, considerati cruciali, il democratico ha vinto per un pugno di voti: in Arizona per 10.400 voti (qui un presidente dem non veniva eletto da 24 anni) e in Wisconsin per 20.600 (4 anni fa Donald Trump aveva sconfitto Hillary Clinton per circa 23 mila voti). Ora si aspettano che Biden mantenga le promesse fatte in campagna elettorale, prima fra tutte che “Bears Ears”, un territorio istituito da Barack Obama come monumento nazionale e poi ridotto dell’85% da Trump, venga riportato ai confini originari.
La speaker della Camera Nancy Pelosi ha definito “eccellente” la nomina di Haaland. Ma la nomina della deputata del New Mexico si aggiunge ad altre nomine, quelle di Marcia Fudge dell’Ohio e di Cedric Richmond della Louisiana. I seggi alla Camera che dovranno essere rimpiazzati con elezioni suppletive saranno quindi 3. Sebbene tutti e 3 i deputati provengano da distretti democratici sicuri, ci vorrà del tempo per sostituirli. Quello che era già un margine sottile tra democratici e repubblicani alla Camera potrebbe, ora, essere ridotto a una manciata di voti.
IL COLLEGIO DEI GRANDI ELETTORI
Lunedì 14 dicembre il collegio dei grandi elettori ha ratificato la vittoria di Joe Biden alle elezioni del 3 novembre scorso. 306 voti dei grandi elettori sono andati al democratico, contro i 232 di Donald Trump, lo stesso risultato ottenuto nel 2016 ma a parti inverse tra il presidente uscente e la sfidante Hillary Clinton. 81 milioni sono stati gli americani che si sono espressi per Biden, 7 milioni in più di quelli che hanno votato per il repubblicano: uno scarto da record, nel voto popolare.
Entro mercoledì 23 dicembre il presidente del Senato riceverà i voti dei grandi elettori e il 6 gennaio il Congresso si riunirà per la prima volta in seduta comune per contarli e dichiarare il vincitore. Questa seduta sarà tenuta dal vice presidente uscente Mike Pence. Ultimo step, il più suggestivo, il giuramento a Capitol Hill a mezzogiorno del 20 gennaio, momento in cui inizierà l’era del 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America.
La vittoria di Biden è arrivata quando il collegio elettorale della California, riunito nel meeting di Sacramento, ha confermato e ratificato i suoi 55 voti. Prima erano stati confermati i voti dei grandi elettori di Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Pennsylvania e Wisconsin. Una curiosità: gli elettori del Nevada si sono incontrati via Zoom a causa della pandemia da Covid-19. L’ex presidente Bill Clinton e l’ex segretario di Stato Hillary Clinton, battuta da Trump 4 anni fa, sono stati fra i 29 elettori dello stato di New York per Biden e Harris. Il primo stato ad esprimersi è stato il Vermont, l’ultimo le Hawaii.
Per quanto riguarda il sistema elettorale, ad eccezione del Maine e del Nebraska, gli Stati assegnano tutti i voti del collegio elettorale al vincitore del voto popolare, nel loro stato.
L’ADDIO DI BILL BARR
E, proprio il 14 dicembre, si è dimesso William Barr, il procuratore generale degli Stati Uniti. A darne notizia è stato il presidente uscente via Twitter, che ha trascorso l’intera giornata nello studio ovale.
“Ho appena avuto un incontro molto simpatico con il procuratore generale Bill Barr alla Casa Bianca – ha scritto Donald Trump in un tweet – Il nostro rapporto è stato molto buono, ha fatto un lavoro eccezionale. Come da lettera, Bill partirà poco prima di Natale per trascorrere le vacanze con la sua famiglia…”.
I contrasti fra i due erano ormai noti a tutti: Barr aveva riconosciuto e affermato pubblicamente che il dipartimento di Giustizia non aveva riscontrato brogli, durante le elezioni presidenziali dello scorso 3 novembre. Da qui, le accuse di slealtà che Trump continuava a lanciargli addosso. Il presidente uscente ha twittato anche che il vice procuratore generale Jeff Rosen, “una persona eccezionale”, diventerà procuratore generale ad interim e Richard Donoghue, “molto rispettato”, assumerà le funzioni di vice procuratore generale.
Da quello che ha ricostruito la CNN Barr avrebbe dato le dimissioni spontaneamente a differenza di altri membri dell’amministrazione che sono stati licenziati da Trump.
IL DISCORSO DI BIDEN
“Nella battaglia per l’anima dell’America, ha vinto la democrazia. Noi, il Popolo, abbiamo votato. La fede nelle nostre istituzioni ha retto. L’integrità delle nostre elezioni rimane intatta”.
“Ora è il momento di voltare pagina, di unirci, di sanare le ferite. Come ho detto per tutta la campagna sarò il presidente di tutti gli americani: io sarò il presidente di tutti gli americani. Lavorerò sodo per quelli che non mi hanno votato come per quelli che mi hanno votato”.
“Se qualcuno ancora non lo sapeva ora lo sappia: quello che batte profondo nel cuore degli americani è la democrazia, il diritto di essere ascoltato, di veder considerato il proprio voto, di scegliere i leader della nostra nazione”.
“In America i politici non prendono il potere, è il popolo che lo concede loro: la fiaccola della democrazia è stata accesa in questa nazione molto tempo fa e noi sappiamo che nulla, neanche una pandemia o un abuso di potere, potrà spegnerne la fiamma”.
“Abbiamo davanti a noi un lavoro urgente: mettere la pandemia sotto controllo per poter vaccinare la nazione contro questo virus. È così tanto necessario fornire un immediato aiuto economico a così tanti americani che sono stati colpiti. Ricostruiremo la nostra economia migliore di sempre”.
LA LOTTA ALLA PANDEMIA
Il 16 dicembre gli Usa hanno registrato un doppio record sul fronte della pandemia da Covid-19: oltre 250 mila contagi e 3.700 decessi in un giorno, per un totale che sale a quasi 17 milioni di casi e 1,65 milioni di vittime.
Secondo il Covid Tracking Project della rivista The Atlantic è stato raggiunto anche il record di ricoveri in un solo giorno: 113.069.
E non è tutto. Sempre secondo i dati del progetto, il 16 dicembre è stato il quindicesimo giorno consecutivo in cui negli Stati Uniti ci sono stati oltre 100 mila ricoveri.
La prossima settimana, secondo la CNN, al presidente Biden sarà somministrata la prima dose di vaccino contro il Covid-19, e molto probabilmente l’evento sarà trasmesso in diretta tv per incoraggiare gli americani a fare altrettanto. Allo stesso scopo nelle scorse settimane 3 ex presidenti, Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama, hanno annunciato di volersi vaccinare davanti alle telecamere. Infine, la Casa Bianca ha fatto sapere che la prossima settimana si sottoporranno alla vaccinazione il vicepresidente Mike Pence e sua moglie Karen. Di Trump invece nessuna notizia: si è sottoposto solo pochi mesi fa ad una cura aggressiva con gli anticorpi monoclonali, quando è risultato positivo al Covid-19. Non è certo che possa affrontare ora la vaccinazione. Pare iniziata, dunque, l’era in cui ciò che fa o non fa Donald Trump condizionerà meno la politica della più grande nazione democratica del mondo.
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