Oltre i lustrini, la crisi del settore cine-audiovisivo. La lettera di un esercente cinematografico resistente

  ICT, Rassegna Stampa
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Chi crede veramente nel cinema come una delle più preziose industrie culturali del Paese, non può onestamente non osservare come alla apparenza sfavillante dei “red carpet” – in questi giorni specificamente della “grande” Festa del Cinema di Roma – non corrisponda in realtà un sistema cine-audiovisivo sano e vitale: i dati sono assolutamente evidenti, anche se rare sono le analisi accurate e sincere…

Lo Stato ha iniettato, grazie alla “Legge Franceschini” del 2016, una quantità impressionante di danaro pubblico (soltanto dal 2017 al 2023, oltre 3 miliardi di euro), con il risultato di stimolare la produzione di una quantità di opere cine-audiovisive la gran parte delle quali sono divenute “invisibili”, vere e proprie “opere fantasma”… Il giro di danari pubblici – una vera “manna” – ha prodotto un “castello di carte” (e qualcuno sostiene anche di “fatture false”, ma su questo sta indagando la Procura di Roma) e ha provocato una euforia collettiva ingiustificata. Ormai oltre un anno fa, i due titolari del Ministero della Cultura e del Ministero dell’Economia e Finanze si sono resi conto che “qualcosa” non andava (col senno del poi, ora lo riconosce anche il Presidente della maggiore associazione dei produttori, l’Anica guidata da Francesco Rutelli) ed hanno imposto uno “stop” a queste allegre elargizioni…

La regia della annunciata “riforma” della Legge n. 220 del 2016 (la “Franceschini”, appunto) è stata però affidata alla senatrice leghista Lucia Borgonzoni (che è stata, nelle diverse alleanze governative della Lega Salvini, Sottosegretaria anche dello stesso “dem” Dario Franceschini), la quale per anni ha contribuito ad alimentare un entusiasmo senza fondamento, esaltando le sorti magnifiche e progressive del settore audiovisivo nazionale.

Da qualche settimana, dopo una sostanziale paralisi di un anno, il “sistema” – inteso come sistema pubblico di sostegno al cinema e all’audiovisivo – si sta rimettendo in moto, ma la riforma, a partire da un decreto interministeriale firmato da Gennaro Sangiuliano e Giancarlo Giorgetti (pubblicato il giorno prima di Ferragosto, una beffa secondo alcuni) e dai decreti attuativi (alias “direttoriali”, firmati dal Dg Nicola Borrelli, pubblicati nelle ultime settimane e giorni), ha provocato reazioni contrastanti: i “big player” come i cinematografici dell’Anica ed i televisivi dell’Apa (associazione presieduta da Chiara Sbarigia, che è anche Presidente di Cinecittà) hanno apprezzato, mentre molti piccoli imprenditori e produttori indipendenti sono sul piede di guerra, così come le associazioni degli autori e dei professionisti e tecnici, che non sono stati coinvolti adeguatamente nel processo di riforma…

Riforma della Legge Franceschini: molti si lamentano, ma pochi ci mettono la faccia. Prevale una pericolosa “autocensura”

Risultato? Molti si lamentano, ma pochi ci mettono la faccia.

Prevale una pericolosa “autocensura”.

In un settore nel quale l’energia principale di funzionamento della “macchina” viene dallo Stato generoso, tutti o quasi beneficiano del sostegno pubblico… e tutti o quasi gli “assistiti” hanno timore di denunciare pubblicamente, perché sempre latente è il rischio di conseguenze negative, di vere e proprie ritorsioni.

Esemplificativamente, se un direttore di un festival cinematografico si lamenta perché lo Stato assegna complessivamente alla “promozione” le briciole del Fondo Cinema e Audiovisivo, ovvero circa l’1 % (uno per cento) del budget pubblico annuale a favore del settore (quell’1 % corrisponde a 7 milioni sette, per centinaia di manifestazioni in tutta Italia), egli corre il serio rischio che il “decision maker” (il “Principe”) si infastidisca, e che la sovvenzione alla sua kermesse (sovvenzione quantificata con criteri non sempre esattamente meritocratici e senza valutazioni di impatto, a cura di una commissione ministeriale per i “contributi selettivi” nominata dal “Principe”) venga… penalizzata.

Stessa dinamica riguarda tutte le fasi della filiera cine-audiovisiva: dagli autori ai produttori per arrivare agli esercenti…

Chi ha il coraggio di segnalare, lamentare, denunciare corre il rischio di essere additato come un eretico, un disfattista, un terrorista, se non come l’incarnazione dell’AntiCristo, e di essere finanche espulso dalla “comunità” civile.

E quindi la quasi totalità degli operatori del settore si inchina – almeno in pubblico – di fronte al “Principe” di turno, sia egli Sottosegretario o Assessore alla Cultura

I rari dissidenti e dissenzienti vengono emarginati, le critiche vengono represse.

E peraltro quasi tutti i giornalisti italiani si interessano ormai di “spettacolo” e non di “politica” del cinema (fenomeno speculare riguarda anche la televisione e specificamente la Rai, ma su questo torneremo presto).

Ieri, su queste colonne del quotidiano online “Key4biz” (specializzato sull’economia digitale e le culture del futuro), l’IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale (centro di ricerca indipendente) ha ri-segnalato una delle tante contraddizioni italiche: “red carpet” e lustrini alla “megaFesta del Cinema di Roma, mentre nella stessa Capitale si assiste ad una continua desertificazione del tessuto cinematografico, tra centro e periferia… Si veda “Key4biz” del 17 ottobre 2024, “La polvere sotto il “red carpet”, alla Festa del Cinema l’euforia ignora la crisi profonda del cinema italiano: a Roma negli ultimi anni, chiusi 110 cinema”.

Una dinamica drammatica, che si associa alla morte di teatri, di librerie ed edicole, nel silenzio dei più…

Questa mattina, un esercente della “provincia” ci ha indirizzato una lettera che merita essere rilanciata, perché potrebbe contribuire a stimolare una riflessione trasparente, onesta, sincera su una delle tante patologie del sistema: una questione “micro”, certamente, a fronte del disastro “macro” della droga del Tax Credit, ma interessante ed emblematica…

La “lettera aperta” di un esercente di provincia (Bobbio, un borgo di 3mila abitanti in Provincia di Piacenza): Stefano Bernardi, Titolare del Cinema “Le Grazie”

Ci scrive Stefano Bernardi, titolare del Cinema “Le Grazie”di Bobbio (Piacenza):

« Buongiorno a Lei, ho appena letto un suo articolo sulla crisi dei cinema a Roma e non solo. Una vera strage visti i numeri che superano il centinaio.

Che tristezza che desolazione.

Ma ho molto apprezzato la franchezza ed il tentativo antropologico di criticare questa tendenza a giudicare il settore del cinema attraverso i festival nazionali che si succedono a raffica.

Io gestisco penosamente una sala (l’ultima rimasta tra Piacenza e Genova) il Cinema “Le Grazie” di Bobbio.

Ieri per “Vermiglio”, 6 spettatori e riscaldamento già acceso… solo per il gusto della cronaca.

Anche noi, nel nostro piccolo, viviamo perfettamente questa contraddizione intollerabile.

La nostra cittadina (un borgo di 3mila abitanti) è sede di un film festival legato ai natali di un arcinoto regista ottuagenario locale.

Ebbene per quella settimana (il calendario ferragostano si restringe ogni anno di più…) è tutto un rincorrersi di articoli di giornale, appuntamenti, calendari di eventi, interviste, ecc., ma che a noi gestori della sala non portano nessun beneficio diretto e indiretto.

Anzi al limite una feroce concorrenza sul posto, che ovviamente giustamente perdiamo ciclicamente.

E, per la prima volta, leggo finalmente che qualcuno ha il coraggio di esplicitarlo tra le righe.

Oramai la rassegna (solo film italiani già usciti da tempo, tra l’altro della stessa scuderia o di amici degli amici del cerchio magico del regista, diciamocelo) si è trasformato in un appuntamento mondano, una esibizione di abiti lunghi, uno sfoggio di presenza e non un vero richiamo per cinefili.

Leggo poi sperticate recensioni o apprezzamenti a voce dell’evento da gente che tutto si può definire ma non cultori della settima arte.

Io, nella nostra sala, non li vedo mai entrare durante le altre 51 settimane, in cui siamo regolarmente aperti da più di 15 anni consecutivi.

Autorità e amministratori locali in prima fila per un malcelato dovere di presenza alle serate, che non si traduce minimamente in sostegno alla sala che si ostina ad essere aperta anche fuori dal periodo di concentrazione turistica estiva.

Per mia fortuna mi diverto e la Curia locale mi mantiene un affitto ridicolo, che mi permette parzialmente la sopravvivenza.

Ma dover ammettere che la Chiesa, nel nostro caso, è l’unico vero sponsor costante mi deprime molto.

«Ma è ora di smetterla di enfatizzare i décolté delle attrici, l’arrivo in gondola di star internazionali, quando poi il settore langue nello sbigliettamento…»

Ottima la sua citazione sul film del “povero” Francis Ford Coppola, che cerca di recuperare il flop del suo ultimo “capolavoro” con una partecipazione a Roma come “guest star” dell’evento.

Confesso e a Lei posso scriverlo, pensavo (ma sono sempre stato molto naïf nella mia vita, anche precedente a questa esperienza lavorativa) che qualche attore è o regista richiamato in presenza alla kermesse estiva, avesse il tatto di passare da noi a complimentarsi o almeno a riconoscere il valore territoriale della nostra sala (un “forte Bastiani” di buzzatiana memoria) che in molti casi aveva proiettato il loro film precedentemente (e che in ritardo di mesi veniva riprogrammato al festival locale).

E invece mai nessuno dello “star system” (definizione eccessiva, lo ammetto) ha trovato il tempo o il coraggio di darci conferma del valore come presidio culturale in Appennino.

Anche solo per un ritorno di immagine ed umanità indiretta.

Attenuante generica, forse non pensano esista un cinema attivo (digitalizzato faticosamente) in una realtà così lillipuziana da più di secolo.

Chiudo riconoscendo che, se solo a Bobbio si contano quasi 20 bar, un motivo di preoccupazione anche sociologicamente parlando si pone.

Uno studio sul suo “perché” sarebbe interessante e Lei ne accenna nel suo nell’articolo.

Noi soffriamo paurosamente di ricambio generazionale, i giovani presenti in sala sono una rarità assoluta, neanche “Bettlejuice” ha richiamato (calcio e serie tv e divano la fanno da padroni) e quindi l’erosione anagrafica si fa sempre più drammatica per noi.

Il Covid, poi, tra decessi e improvvisa residenzialità forzata, ha ulteriormente rotto il costume di intrattenimento collettivo nella nostra sala.

In inverno, qui lungo e rigido, tenere aperto – a detta della commercialista (mai venuta in sala neanche lei!?!) – è un atto assolutamente in perdita e masochista.

Un semplice incentivo a sostegno del riscaldamento, per una realtà come la nostra, sarebbe molto più proficuo della tanto decantata campagna “Cinema Revolution”, se devo dirla tutta.

La ringrazio e se mai passasse in zona e volesse scambiare due parole sul fenomeno piccoli festival e interessi economici sotterranei noi rimaniamo sempre a disposizione.

Un caro e sincero saluto. »

Stefano Bernardi

Titolare del Cinema “Le Grazie”

Bobbio (Piacenza)  

Per la cronaca, il festival locale al quale si riferisce Stefano Bernardi è il “Bobbio Film Festival”, ideato e diretto dal maestro Marco Bellocchio, nato nel 1995 come “laboratorio cinematografico” (allora denominato “Fare cinema – Incontro con gli autori”) e divenuto nel 2005 il “Bobbio Film Festival”, attualmente organizzato dalla Fondazione Fare Cinema e dal Comune di Bobbio, e cofinanziato dal Ministero della Cultura. Si ricordi che Bobbio è lo storico borgo sui colli piacentivi nel quale Bellocchio ha girato “I pugni in tasca” nel 1995…

Ringraziamo veramente Stefano Bernardi, e facciamo nostre le sue osservazioni critiche, polemiche ed amare ma colte e pacatamente manifestate: riteniamo che la sua lamentazione dovrebbe essere oggetto di una riflessione profonda, ed a trecentosessanta gradi, sulla crisi del cinema-cinema in Italia e specificamente sul rischio che la funzione “promozionale” dei festival cinematografici (non di tutti, ovviamente) finisca spesso per divenire evanescente.

Una così appassionata e franca testimonianza di “resistenza” dovrebbe consentire di fare luce nelle nebbie, ben oltre le fantastiche numerologie della campagna promozionale “Cinema Revolution” (che sono state ri-presentate ieri al “Mia”, col solito ostinato ottimismo, dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, ma sulle quali preferiamo qui ed ora stendere un velo di silenzio)…

Chiudevamo l’articolo di ieri così: siamo sicuri che nessuno parlerà queste vere (nude) verità alla “Festa del Cinema” o al “Mercato Internazionale Audiovisivo” (anche se va dato atto che al convegno promosso mercoledì 16 dall’Ordine degli Architetti sulla moria di cinematografi a Roma hanno comunque partecipato Fabia Bettini e Gianluca Giannelli, i condirettori di “Alice nella città” – la sezione parallela ed indipendente del “Rome Film Fest” – ed il dorso romano del “Corriere della Sera” vi ha dedicato un bell’articolo)…

Replay: ostriche e champagne, lustrini e “applausi applausi applausi” (cit. Salmo, “Novanta minuti”). Siamo veramente “nel Paese delle mezze verità” (cit. Fabri Fibra e Baby Gang e Emma, “In Italia 2024”).

Si ha notizia che, dopo la sortita di Canale 5 con il servizio di Pinuccio di “Striscia la Notizia”, siano all’opra altre qualificate redazioni giornalistiche televisive, ovvero “Quarta Repubblica” di Nicola Porro su Rete4 e “Piazza Pulita” di Corrado Formigli su La7e finanche “Report” di Sigfrido Ranucci su Rai3: si spera che non vengano attratti (distratti) dai lustrini e décolté sui “red carpet” dei festival o dagli scandaletti del tax credit, e sappiano (vogliano) invece affrontare seriamente la “vera verità” della disastrosa situazione del settore cine-audiovisivo italico

Ovvero i complessivi deficit della “politica culturale” italica.

Alla prossima puntata…

[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale).

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