Plastica: un trattato mondiale per ridurre i consumi
La plastica è passata da materiale rivoluzionario degli anni Cinquanta del secolo scorso, con il celebre Moplen e successivamente i tecnopolimeri, a serio problema ambientale degli ultimi venti anni almeno. Ovviamente, è ancora un materiale centrale nella produzione di imballaggi, soprattutto per alimenti (ma non solo), ma le preoccupazioni per gli effetti sulla salute umana e ambientale, stanno crescendo considerevolmente con il passare del tempo.
Nei Paesi del G20 si stima che il consumo di plastica sarà più raddoppiato entro il 2050, con gravi danni arrecati all’ambiente, soprattutto per l’inquinamento generato sia in fase di produzione della plastica, con le emissioni di gas serra a livello industriale, sia in fase di smaltimento, con grave impatto sull’aria che respiriamo e sull’acqua che beviamo (basti pensare alle microplastiche), sia per le reazioni chimiche indesiderate che queste possono innescare nell’ambiente in cui sono riversate come rifiuto.
Secondo quanto riportato da context.news, le stesse Nazioni Unite hanno avviato dei negoziati a novembre 2022 per arrivare ad un trattato globale per una riduzione consistente dei rifiuti sotto forma di bottiglie e imballaggi per alimenti.
L’obiettivo di massima è arrivare ad un accordo vincolante sull’inquinamento da plastica entro il 2024, il primo della sua storia di questo tipo.
Secondo la ricerca Back to Blue: “Solo politiche ambiziose e un piano d’azione di livello globale potranno farci sperare in una riduzione dei consumi di plastica e il loro impatto ambientale”.
Inquinamento e decessi
Ad oggi, si stima che muoiano tra 400 mila e un milione di persone ogni anno al mondo per malattie legate all’inquinamento da plastica.
Durante tutto il suo ciclo di vita, secondo valutazioni dell’Ocse, la plastica si calcola emetta circa il 3,4% delle emissioni globale di gas serra.
Solo il 9% dei rifiuti di questo tipo sono raccolti, trattati e riciclati. Oggi sono circa 460 milioni di tonnellate i rifiuti di plastica generati nel mondo in un anno, ma secondo l’Ocse raggiungeranno la cifra inquietante di 1,23 miliardi di tonnellate entro il 2060.
Come intervenire per ridurre produzione ed utilizzo di plastica
Secondo la ricerca Back to Blue, ai Governi spetta il compito di intervenire, soprattutto lungo tre direttrici: tassare e ridurre i consumi, tagliare i sussidi all’industria della plastica derivata dal petrolio, incentivare il riciclo e il riuso in ogni sua forma.
I divieti di utilizzo di plastica monouso non sarebbero infatti sufficienti. Secondo il documento, se questi fossero implementati nei paesi del G20 senza altre misure, comunque, rispetto ad oggi, il consumo sarebbe ancora una volta e mezza superiore entro il 2050.
Una scelta politica difficile, considerando che il valore globale di questo mercato si aggira attorno ai 600-700 miliardi di dollari annui, ma che non è più rimandabile. L’anno scorso, i delegati di circa 160 nazioni si sono incontrati in Uruguay per i negoziati sul trattato delle Nazioni Unite sulla plastica.
Gli Stati Uniti ad oggi sono i maggiori produttori di plastica al mondo, con una quota del 19%, seguiti dal Brasile al secondo posto con il 14% e la Cina con il 12%.
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