Rai, il Governo sceglie Soldi e Fuortes come Presidente ed Ad

  ICT, Rassegna Stampa
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Alle 15:32, battendo ogni altra agenzia, Adnkronos annuncia in un flash che il Presidente del Consiglio ed il Ministro dell’Economia hanno scelto i 2 consiglieri di nomina governativa: si tratta di Marinella Soldi e di Carlo Fuortes

ll Ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, d’intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, proporrà alla prossima riunione del Consiglio dei Ministri Marinella Soldi e Carlo Fuortes quali componenti del Consiglio di Amministrazione di Rai spa

Carlo Fuortes verrà proposto, in sede di Assemblea della Società (calendarizzata per lunedì prossimo 12 luglio), per il ruolo di Amministratore Delegato. 

Questa decisione determina una concreta accelerazione del processo decisionale e, a questo punto, è verosimile che effettivamente mercoledì 14 luglio il Parlamento elegga i 4 consiglieri di propria competenza.

Nella nota diffusa dalla presidenza del Consiglio, Soldi non viene indicata come Presidente, visto che spetta al Cda Rai indicarlo. Di consuetudine, però, proprio il nome avanzato dal Mef assume poi il ruolo di Presidente.

Carlo Fuortes (classe 1959) è un apprezzato studioso di economia della cultura, nonché manager pubblico di istituzioni culturali da decenni. Da quasi un decennio è Sovrintendente della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma (nominato nel 2013, confermato fino al 2025). Manager ed economista, da più di vent’anni svolge studi e consulenze sui temi dell’economia della cultura, con riferimento alla gestione dei teatri, musei e dei beni culturali, allo spettacolo dal vivo, alla televisione e cinema, per conto di imprese pubbliche e private, enti locali, musei statali e comunali, sovrintendenze, associazioni di settore e Istituzioni culturali. Ha fondato la società di consulenza specializzata Izi spa (specializzata in analisi e studi economici). È laureato in Scienze Statistiche ed Economiche presso l’Universita’ degli Studi di Roma “La Sapienza”, allievo di famosi economisti come Paolo Sylos Labini e Luigi Spaventa. Ha insegnato “Sistemi organizzativi dello spettacolo dal vivo” (corso di laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo dell’Università Roma Tre). Dal 2011 al 2019, è stato Segretario Generale dell’Associazione per l’Economia della Cultura (Aec). Dal 2003 al 2015, è stato Amministratore Delegato della Fondazione Musica per Roma (gestendo l’Auditorium Parco della Musica). Dal 2012 al 2013, è stato Commissario Straordinario della Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari. È stato Direttore Generale del Palazzo delle Esposizioni e delle Scuderie del Quirinale di Roma dal 2002 al 2003. È stato Consigliere d’Amministrazione del Teatro di Roma dal 1998 al 2001, nonché Consigliere di Amministrazione della Fondazione Cinema per Roma dal 2007 al 2011. È co-autore, tra l’altro, di “Capitale di Cultura. Quindici anni di politiche a Roma”, insieme al compianto Gianni Borgna ed a Roberto Grossi, Angelo Zaccone Teodosi, Franco Ferrarotti (Donzelli, 2008).

Il primo commento politico viene dalla Sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni (Lega Nord Salvini), che ha dichiarato la propria contrarietà, trattandosi di un “ennesimo personaggio legato a Pd”, precisando “mah… Fuortes è noto come personaggio molto vicino alla sinistra, a Veltroni in particolare, proposto da Calenda come candidato sindaco per il Pd, senza particolare esperienza televisiva, duramente contestato per anni dai lavoratori del Teatro dell’Opera di Roma, di certo non una figura super partes o legata all’azienda. Scelta sorprendente”.

Alla “sorpresa” di Borgonzoni, si contrappongono invece i complimenti della Sindaca di Roma. Dichiara Virginia Raggi: “congratulazioni a Carlo Fuortes, designato nuovo Ad della Rai. Abbiamo lavorato insieme per rilanciare l’Opera di Roma, oggi tra i più grandi enti lirici al mondo. La sua competenza e la sua passione saranno preziose per la tv pubblica. Grazie Carlo. Per la Rai la scelta migliore”.

La biografia della probabile futura Presidente della Rai è anch’essa ben ricca, e certamente più focalizzata sulla televisione.

Marinella Soldi (classe 1966) è Presidente non esecutivo della Fondazione Vodafone Italia. Nata a Figline Valdarno (Firenze). Si legge in una sua biografia ufficiale: “seguendo una scelta di vita, negli ultimi 12 mesi è passata da una impegnativa carriera operativa dai grandi risultati a ruoli non esecutivi che le offrissero opportunità di apprendimento e di creare un forte impatto, potendo godere di spazio e curiosità verso nuove avventure. Attualmente, è amministratore non esecutivo e presidente dei comitati di nomina e remunerazione per Nexi (Mib100), Ariston Thermo (di proprietà familiare) e Talent Garden (scale up). Marinella è stata Ceo di Discovery Network Southern Europe (per i Paesi Italia, Spagna, Portogallo e Francia) per 10 anni fino ad ottobre 2018, ed è stata inoltre Chief Strategy Officer per Discovery International negli ultimi 18 mesi che ha trascorso all’interno della società. Sotto la sua guida, Discovery Southern Europe ha completamente trasformato il proprio modello di business da un puro ridistributore di canali lineare a pagamento ad un portafoglio diversificato di canali in chiaro, pagamento Svod, Avod. Grazie a contenuti innovativi, modelli di business coraggiosi e team di grande talento, nel 2017 l’Italia è diventata il più grande paese per ricavi e audience al di fuori degli Stati Uniti. In Italia, Discovery è diventata una delle più importanti società media con un portafoglio di 14 canali presenti su tutte le piattaforme, affermandosi come il terzo editore televisivo nazionale per share complessiva. Marinella è nata in Italia ed è cresciuta a Londra. Prima di approdare in Discovery, ha lavorato come leadership coach per nove anni, nei settori della tecnologia e dei media fondando la propria azienda” (la Soldi Coaching/Glitz). In un suo cv, si legge, tra le “passioni”: “viaggiare, yoga, trekking, buoni libri, mentoring”.

In sintesi, un manager della cultura come Ad ed una manager televisiva come Presidente. Qualcuno avrebbe potuto ipotizzare ruoli inversi, ma senza dubbio si tratta di una “coppia” dalle notevoli potenzialità. Se il Premier ha chiesto loro di imprimere alla Rai una svolta reale. 

Si potrebbe sostenere che Soldi rappresenta l’anima più “manageriale” e Fuortes l’anima più “culturale”. 

Auguriamo che entrambi lavorino comunque nella prospettiva di una nuova Rai sempre più “sociale”. 

Peraltro, questa prospettiva sembra coerente con la più recente esperienza di Soldi nella Fondazione Vodafone, che opera su tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di generare un impatto positivo sulla comunità attraverso attività di solidarietà sociale…

Il background

Per mercoledì 7 luglio 2021 il Presidente della Camera Roberto Fico aveva calendarizzato le elezioni di 2 membri del Consiglio di Amministrazione Rai di competenza di Montecitorio, ma come alcuni osservatori prevedevano – anche noi, tra questi – l’elezione è slittata di una settimana, su richiesta del Movimento 5 Stelle (vedi “Key4biz” di martedì 6 luglio 2021, “Slitta “di qualche giorno” l’elezione dei 4 membri del Cda Rai che era calendarizzata per domani mercoledì 7 luglio in Parlamento?”): nel pomeriggio di martedì, infatti, si è appreso che i presidenti delle due Camere avevano concordato di fissare la data per mercoledì 14 luglio. Da notare l’orario curioso: le due votazioni sono convocate per le ore 21. Il comunicato ufficiale della Camera, diramato nel pomeriggio di martedì 6, recitava: “La votazione sull’elezione di 2 componenti del Cda Rai prevista per domani alla Camera è stata rinviata al 14 luglio alle ore 21, previo accordo con il Senato. Lo ha stabilito a maggioranza la conferenza capigruppo di Montecitorio”. Secondo alcune fonti, durante la cosiddetta “capigruppo”, soltanto Italia Viva ha chiesto di confermare il voto sulla Rai per l’indomani.

Nella mattinata di venerdì 7 luglio, anche il Senato, su proposta di Lucio Malan (Forza Italia), ha rinviato; a favore della proposta di Fi, si sono espressi Alberto Airola (M5S) e Massimiliano Romeo (Lega); contrario il presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone.

Capitanio (Lega Salvini): “Italia Paese dei rinvii e delle mille proroghe, ma il candidato Rai della Lega è Igor De Blasio”

Sarà quindi il 14 la data… giusta?!

Crediamo di sì, anche se l’Italia è il Paese “dei rinvii e delle mille proroghe”, come ha ironicamente dichiarato il deputato della “Lega Salvini Premier” Massimo Capitanio in un’intervista di giovedì 8 a Lanfranco Palazzolo di Radio Radicale: va apprezzato che il Segretario della Commissione Parlamentare di Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi, ha dichiarato ufficialmente che la Lega andrà a votare Igor De Biasio, “manager brianzolo”. Capitanio sostiene che “la Lega ha sempre avuto le idee chiare… noi abbiamo letto gli oltre trecento curriculum e dentro i curricula abbiamo ritenuto che la figura del manager brianzolo Igor De Biasio sia figura degna di fiducia su cui far confluire i nostri voti”. Capitanio sostiene che la richiesta del M5S sia sintomatica di una scissione sostanzialmente già in atto all’interno della galassia grillina. Un’osservazione critica: ma – tra Camera e Senato – il totale dei candidati al Cda Rai è di 194 curricula, quali… “300 curriculum” ha letto Capitanio?! L’esponente leghista ricorda alcune tesi della Lega: “alcuni progetti che riguardano per esempio lo sviluppo della Rai aI Portello di Milano… dare piena attuazione a una Rai moderna futura tecnologica innovativa… vogliamo sviluppare il canale inglese, il nuovo portale dell’informazione… quindi le idee chiare su quello che dovrebbe fare la Rai ce le abbiamo”.

Incredibile, ma vero, al di là delle “idee chiare”, almeno la Lega Nord dichiara “urbi et orbi” chi è il proprio candidato. Ufficialmente.

Per quanto riguarda gli altri partiti, silenzio misterioso. Nessuna dichiarazione ufficiale.

Da fonti di Palazzo, abbiamo verificato che alcuni componenti grillini della Vigilanza Rai siano stati informati “ex post” della decisione assunta dai vertici del M5S di chiedere ai Presidenti di Camera e Senato di rimandare di una settimana l’elezione del Cda Rai: ciò basti, per dare un’idea della confusione (e del conflitto) in atto.

Lo stesso Palazzolo (Radio Radicale) aveva intervistato infatti la deputata del Partito Democratica Flavia Piccoli Nardelli (Ufficio di Presidenza del Gruppo Pd alla Camera, già Capo Gruppo Pd in Commissione Cultura) martedì 6, rispetto alla prospettiva dello slittamento dell’elezione al 14, lamentava la dinamica attivata dal M5S, ma si guardava bene dal fare il nome del candidato / candidata del Pd: “sono molto preoccupata: certo, la Rai deve programmare la prossima stagione, ma la Rai deve anche programmare un nuovo modo di essere presente in una società che cambia”.

Federico Mollicone, Responsabile Cultura di Fratelli d’Italia, dichiarava – sempre a Radio Radicale – mercoledì 7, per quanto riguarda il ruolo apicale dell’Amministratore Delegato, che “una grande azienda ha comunque un suo management, che la conosce bene: quindi forse, piuttosto che andare a prendere lo scienziato, è meglio trovare un manager interno”.

L’elezione da parte del Parlamento, secondo alcuni “bookmaker”, avverrebbe due giorni dopo la designazione del Presidente e dell’Amministratore Delegato da parte del Governo, in occasione dell’Assemblea dei Soci Rai (Ministero dell’Economia e Siae) calendarizzata per lunedì 12 luglio. Di fatto, il Parlamento attenderebbe le decisioni autocratiche del Presidente del Consiglio Mario Draghi, per poi “regolarsi” in modalità “last minute” due giorni dopo. Qualcuno continua a scommettere che tutto slitterà a settembre…

Forza Italia tace, perché verrebbe nuovamente esclusa – come nell’attuale Cda – dal poter indicare un consigliere in propria “quota”: tratterebbe quindi per avere “persona gradita”, almeno a livello di Presidente, ma, in questo caso, la “trattativa” – condotta dal diplomatico Gianni Letta – è evidentemente più con il Presidente del Consiglio che con i leader di partito…

Elezioni democratiche ma in modalità semi-clandestina: nessuna procedura comparativa

Si segnala, ancora una volta, che nessuno dei nostri quasi 1.000 parlamentari ha denunciato la modalità semi-clandestina con la quale la votazione sta per avvenire: totale assenza di procedure comparative, nessuno ha invocato l’esigenza di un qualche colloquio per conoscere le idee che i 194 candidati hanno sulla Rai futura…

Come abbiamo denunciato tante volte anche su queste colonne: trasparenza a metà, selezione occulta.

Fatta salva, da giovedì 8, giustappunto la dichiarazione ufficiale della Lega sul proprio candidato.

17° Rapporto annuale Federculture: il disastro del sistema culturale nell’anno della pandemia

Nel mentre “i misteri della Rai” partitocratica si confermano, le giornate di mercoledì 7 e di giovedì 8 hanno registrato la presentazione di un set di dati sul sistema culturale: dapprima Federculture a Roma e poi l’Osservatorio Culturale del Piemonte a Torino hanno presentato le loro annuali pubblicazioni di analisi dello stato di salute del sistema culturale (rispettivamente nazionale e regionale, rispettivamente l’edizione n° 17 la prima e l’edizione n° 20 il secondo).

In entrambi i casi, si tratta di dataset senza dubbio comunque utili per chi opera nel sistema culturale nazionale, sebbene non originali.

In entrambi i casi (così come per quanto riguarda il “rapporto annuale” curato dalla Fondazione Symbola), si osserva una chiave di lettura complessivamente acritica. Quell’alfa privativa denota una volontà di non approfondire più di tanto, di non “mettere in discussione” l’assetto esistente, di non infierire su un corpo che – secondo molti – è discretamente malato.

Tante volte, e da tanti anni, abbiamo denunciato il deficit cognitivo del sistema culturale italiano: anzi, questa rubrica “ilprincipenudo” è nata nel 2014 proprio per segnalare l’esigenza di un sistema informativo più accurato, e soprattutto più critico, rispetto alle politiche culturali e le economie mediali (vedi “Key4biz” del 4 luglio 2014, “L’economia della cultura e l’incertezza dei suoi numeri”).

In verità, nel corso degli anni, si sono riprodotte queste rituali edizioni di rapporti che raramente producono un modesto “valore aggiunto” di originalità, essendo “fonti” di secondo livello: alla fin fine, “ri-elaborano” fonti primarie come l’Istat o la Siae o i dati delle Camere di Commercio – Cerved

Eccellente eccezione quella del rapporto Civita, che nell’edizione 2021 ha dimostrato come una ricerca possa proporre anche un qualche dubbio, e non soltanto benedire l’esistente (vedi “Key4biz” del 21 giugno 2021, “Associazione Civita presenta la “Next Generation Culture”: per uno sviluppo digitale dei musei. Ma manca una policy di sistema”).

Iniziative di “studio” che si pongono anzitutto come “vetrine” per il soggetto committente (che sia Federculture o Symbola), come occasione di azioni lobbistiche mirate (sia Federculture sia Symbola sono piccole lobby del sistema culturale): ça va sans dire, il Ministro “pro tempore” viene invitato a commentare, ed egli non risparmia mai elogi sulla indispensabilità del rapporto alfa o del rapporto beta (talvolta ci viene da pensare che siano quasi quasi intercambiabili!), ed approfitta dell’occasione per evidenziare le sue più recenti iniziative.

Vengono proposti dati e dati e dati (talvolta un po’ fantasiosi)… senza che mai nessuno si prenda la briga di porre quesiti sull’approccio metodologico… senza che nessuno osservi criticamente la qualità dell’architettura strutturale di questi studi… senza che nessuno si ponga domande sull’esigenza di una loro validazione scientifica…

Perché, diciamolo (anzi ridiciamolo), questa funzione di “osservatori” dovrebbe essere svolta dallo Stato, e non “appaltata” di fatto a soggetti privati, che sono inevitabilmente latori di interessi di parte (per quanto assolutamente legittimi).

La spesa delle famiglie in cultura è scesa nel 2020 ai livelli di 20 anni fa: 56 miliardi di euro a fronte dei 73 del 2019

Ribadite queste premesse su una qual certa debolezza metodologica di questi studi, è comunque interessante segnalare le maggiori evidenze emerse dal rapporto Federculture: tutti gli indicatori dell’anno 2020 sono ovviamente negativi, a partire dalla spesa delle famiglie italiane in cultura, crollata a 56 miliardi di euro complessivi a fronte degli oltre 73 miliardi nel 2019. Un valore che catapulta il settore indietro di vent’anni, quando nel 2000 la stessa voce era appunto di uguale entità.

A confermare la difficoltà estrema del mondo culturale, delle istituzioni pubbliche e delle imprese private è il Rapporto annuale “Impresa cultura. Progettare e ripartire”, edito da Gangemi, che traccia il quadro dei consumi e della partecipazione culturale con la crisi seguita al Covid-19.

Si ricordi che Federculture è la definizione abbreviata che sta per “Federazione aziende, società, enti la cui attività è rivolta alla promozione, produzione e gestione nel campo della cultura, turismo, servizi, sport e tempo libero”. Nata nel 1997, attualmente l’associazione – che si pone anche sindacato d’impresa (è la controparte dei lavoratori in un contratto collettivo nazionale di lavoro) – rappresenta molte tra le più importanti aziende culturali del Paese, insieme a Regioni, Province, Comuni, ed a soggetti pubblici e privati impegnati nella gestione dei servizi legati alla cultura, al turismo, e al tempo libero.

Il volume è stato illustrato mercoledì mattina a Palazzo Massimo, a Roma, alla presenza del Ministro della Cultura, Dario Franceschini, di Stephane Verger, Direttore Museo Nazionale Romano, di Andrea Cancellato, Presidente Federculture (già Direttore Generale della Fondazione La Triennale di Milano), di Daniela Picconi, Vice Presidente Federculture (nonché Direttore Operativo dell’Azienda Speciale Palaexpo di Roma), di Andrea Abodi, Presidente Istituto per il Credito Sportivo (Ics), e di Umberto Croppi, Direttore di Federculture (già Assessore alla Cultura ai tempi di Gianni Alemanno Sindaco).

Lo studio spiega come lo scorso anno sia stato un tempo di sconvolgimenti per le abitudini di consumo dei cittadini italiani, anche nell’ambito della cultura.

A causa delle chiusure e delle limitazioni all’accesso ai luoghi della cultura, è naturalmente molto diminuita la fruizione di spettacoli e attività culturali, come è diminuita la spesa in cultura e ricreazione.

Analizzando la spesa media mensile delle famiglie, che nel 2020 complessivamente su base annua è stata pari al 2.328 euro e diminuisce del 9 %, il Rapporto registra un calo del 26 % in particolare per la voce “ricreazione spettacoli e cultura”, scesa a 93 euro (erano 127 euro l’anno precedente). All’interno di questa voce, gli ambiti di spesa più penalizzati sono i “pacchetti vacanza” (- 57 %) e i “servizi ricreativi e culturali” (- 37 %). Questa diminuzione – si legge nel Rapporto – significa anche una minore incidenza della spesa in cultura sulla spesa totale delle famiglie, che nel 2020 è del 4 %, mentre rappresentava il 5 % nel 2019.

Di fatto, il Rapporto Federculture conferma quel che la Società Italiana Autori Editori aveva già ben segnalato già oltre due mesi fa, presentando la nuova edizione del suo Osservatorio dello Spettacolo: – 76 % di pubblico nel 2020 (vedi “Key4biz” del 28 aprile 2021, “Siae, il 2020 ‘annus orribilis’ per la cultura italiana”).

Exploit della lettura durante la pandemia

Unico dato in controtendenza quello dei libri: exploit della lettura, che nel 2020 – al contrario di tutti gli altri indicatori culturali – ha registrato numeri in netto crescita.

La quota di lettori – almeno 1 libro l’anno – lo scorso anno è infatti aumentata del 3,5 %, risalendo a un valore che non si registrava da sei anni. Un aumento che coinvolge in particolare i bambini di età 6-10 anni, e nelle fasce di adulti tra i 25 e i 44 anni e che riguarda tutte le tipologie di lettura e di acquisti dal libro di carta tradizionale agli e-book.

Lo studio segnala che l’aumento dei lettori e degli acquisti di libri è confermato anche dai dati del “Rapporto Cepell” (si tratta della ricerca “Dall’emergenza a un piano per la ripartenza”, presentata il 31 marzo 2021 dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero della Cultura, una sorta di “Libro Bianco” sulla lettura ed i consumi culturali in Italia tra il 2020 ed il 2021), che evidenzia una crescita in particolare per i libri su supporti elettronici e-book, che in particolare tra marzo 2020, prime fasi del “lockdown”, e ottobre 2020 hanno contribuito per il 2 % alla crescita complessiva degli acquisti di libri.  

I dati di Federculture evidenziano il crescente “gap” tra le Regioni del Nord e quelle del Sud, e la continua desertificazione culturale delle seconde. Impressiona osservare come la “spesa media mensile in ricreazione, spettacoli e cultura” è oltre quota 130 euro in Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige, a fronte dei 43 euro di Basilicata e Puglia. Inquietante.

Le misure del Governo per fronteggiare l’emergenza? Secondo un sondaggio, per il 54 % adeguate, sufficienti per 19 %, inadeguate per il 26 %

Il volume presenta anche i risultati di un sondaggio a cui hanno risposto 134 soggetti, per comprendere se la mano pubblica è intervenuta in modo adeguato: anche in questo caso, deficit metodologico. Non si stima che rappresentatività hanno questi rispondenti, né a quanti potenziali “intervistandi” è stato sottoposto il questionario per il “panel”. Basti osservare che il 69 % dei rispondenti sono nel Nord Italia…

Emerge comunque un dato interessante, certamente sintomatico, rispetto agli interventi emergenziali messi in atto dal Governo: il 54 % ha ritenute le misure adeguate, sebbene rivolte solo a fronteggiare l’emergenza; un 7 % le valuta adeguate, ma con criteri e procedure di accesso complesse; il 12 % dei rispondenti le considera sufficienti; il 26 % insufficienti. Insomma, oltre un quarto è insoddisfatto.

Siamo sicuri che queste quote percentuali sarebbero ben altre se una domanda simile fosse posta ai lavoratori della cultura, che sono sicuramente la categoria professionale che più ha sofferto della crisi (ben oltre le criticità di istituzioni ed imprese culturali)…

Eppure, il titolare del Mic Dario Franceschini non perde occasione per manifestare il suo ottimismo: “l’Italia sarà più veloce di altri Paesi nella ripresa, lo stiamo già vedendo. In fondo, l’Italia dà sempre il meglio quando si tratta di rimboccarsi le maniche e affrontare le sfide più difficili, vedi ieri sera la partita dell’Italia”, riferendosi alla vittoria della nazionale italiana di calcio che martedì sera ha battuto la Spagna aggiudicandosi la Finale degli Europei (avendo appreso che anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà domenica allo stadio di Wimbledon per la finale Italia-Inghilterra, autocensuriamo commenti di sorta sull’ennesima dimostrazione di… “politica spettacolo”).

Ed il Ministro ri-teorizza, non senza retorica, un “nuovo Rinascimento” (nientepopodimeno): “sono convinto che molte cose che si sono verificate durante la pandemia avvicineranno i consumi culturali”, aprendo la strada “ad un nuovo rinascimento, ad una nuova stagione… ci sarà un ritorno ai consumi molto importante, dobbiamo cogliere l’onda e aiutarla”.

Ce lo auguriamo tutti, ma i primi indicatori sono incoraggianti, ma non esattamente entusiasmanti: gli analisti esperti di CineGuru / ScreenWeek scrivevano giovedì 8 rispetto al box office di mercoledì: “è stata la giornata migliore in assoluto sin dalle riaperture quella di ieri, mercoledì 7 luglio. L’uscita di ‘Black Widow’, che ha debuttato al primo posto, ha segnato uno spartiacque: il film Marvel ha incassato in un solo giorno 591.027 euro, trainando il box office alla cifra di 743.256 euro. ‘Black Widow’ ha incassato in un giorno quasi quanto ‘The Conjuring – Per ordine del Diavolo’ aveva fatto nel primo fine settimana (614.042 euro, finora il migliore weekend d’esordio delle riaperture)”… però… “siamo ovviamente lontani dal debutto dell’ultimo film Marvel uscito al cinema, ‘Spider-Man: Far From Home’, che, il 10 luglio 2019, aveva esordito con 1.485.889 euro”. Siamo quindi ad un terzo rispetto al luglio 2019.

Franceschini: “cultura = investimento economico, il 29 e 30 luglio un G20 della cultura a Roma”

Il Ministro ribatte, una volta ancora, sulla dimensione economica della cultura: “investire in cultura un grande investimento economico”. Anche per questo, verrà organizzato “un G20 cultura che si svolgerà il 29 e 30 luglio a Roma; inizieremo il 29 pomeriggio col presidente Draghi al Colosseo, la sera andremo al Quirinale per un concerto col maestro Muti. È una dimostrazione, anche nei confronti del resto del mondo, di quanto l’Italia creda e voglia investire nella cultura”. Immaginiamo una novella kermesse spettacolare, come la presentazione del “Recovery Plan” approvato “simbolicamente” dalla Commissione Europea nella “location” di Cinecittà (vedi “Key4biz” del 22 giugno, “La Rai presenta i palinsesti. Salini in prorogatio fino a settembre?”).

Apprezzabile, come contraltare rispetto a questa martellante visione “economicista” della cultura, la tesi sostenuta da Andrea Abodi, Presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo (Ics), che ha esteso il proprio perimetro di intervento anche alla cultura, e che presto vedrà anche una sana modificazione del proprio “naming”: “la banca apre una fase nuova della sua vita, perché le sono stati affidati strumenti che possono fare la differenza, che offrono garanzie per i privati e che consentono agli enti pubblici in generale di avere l’azzeramento del tasso di interesse. La cultura rappresenta insieme ad altri fattori una difesa immunitaria sociale: noi possiamo svolgere un ruolo di velocizzazione di questo principio”. Molto efficace il concetto di “cultura” intesa come “difesa immunitaria sociale”.

Reazioni della politica alla presentazione del 17° Rapporto Federculture?

Nessuna, fatta salva una eccezione una.

Mollicone (FdI): detrarre le spese culturali in alternativa alle medicine

Va osservato che l’unico parlamentare che ha commentato il rapporto Federculture è stato il già citato Responsabile Cultura di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone, che ha sostenuto come “il crollo della spesa in consumi culturali” vada sanato “tramite meccanismi di incentivo alla domanda di cultura, come la detrazione delle spese culturali individuali alla pari di come avviene con i ticket medicinali, storica proposta delle categorie sostenuta sul piano parlamentare da Fdi, su cui abbiamo presentato anche una specifica proposta di legge e numerosi emendamenti, anche al Dl Sostegni bis. A Franceschini, che parla di penalizzazione delle fasce meno abbienti, chiediamo se voglia abolire anche la detrazione dei medicinali. La sua ex collega Melandri cosa ne pensa? Tardivamente, e in maniera inconcludente essendo stata ministro, ha abbracciato la proposta, anche se non la realizzò nel suo mandato da ministro”.

Mollicone propone una scelta opzionale, tra “medicine” e “cultura”: “il cittadino potrà scegliere o la detrazione dei medicinali o la detrazione del consumo culturale, una misura che così non graverà sulle finanze statali”. Il parlamentare di Fdi ha conclusivamente commentato che “il rapporto Federculture fotografa una situazione disastrosa per la cultura nazionale, sia in termini di incassi che di presenze. Va, in questo senso, sostenuta l’offerta di cultura con fondi straordinari per i luoghi della cultura, anche avviando un percorso di riforma del Fondo Unico per lo Spettacolo, superando la dicotomia fra chi ne è beneficiario e chi è ‘extra Fus’, unificando i fondi esistenti e costituendo il Fondo per le Arti Nazionale. Ne va dello spettacolo dal vivo e dei lavoratori dello spettacolo”.

Sicuramente va superato, e non soltanto a livello nominalistico, un ancora sedicente “Fondo Unico dello Spettacolo” (il “Fus” tale nacque nel lontano 1985) dal quale, a partire dall’anno 2016 (con la legge di riforma che porta il nome del Ministro Franceschini), è stato scorporato il cinema (e l’audiovisivo), commettendo l’errore di considerare il cinema più “industria” che “cultura” (spettacolo). Il “Fus”, ormai, dal 2016, non è più, quindi, un “Fondo Unico”: si sente l’esigenza di un rinnovato ragionamento di governo unitario e strategico del sistema culturale nazionale.

La Relazione annuale dell’Osservatorio Culturale del Piemonte: “oltre i dati, questione di futuro”

Giovedì mattina, a Torino, presso il Teatro Carignano, c’è stata la conferenza stampa di presentazione della “Relazione Annuale 2020/2021” dell’Osservatorio Culturale del Piemonte (Ocp), con un titolo emblematico “La cultura in Piemonte. Oltre i dati, questione di futuro”.

Questo rapporto è il più evoluto, tra quelli degli “osservatori” promossi dalle Regioni italiane (stendiamo un velo di pietoso silenzio sul ministeriale Osservatorio dello Spettacolo ormai ridotto al fantasma di quel che avrebbe potuto essere), ma quella che è stata una funzione d’avanguardia dell’Ocp si è un po’ andata affievolendo nel corso degli anni. Sebbene questo documento mostri una qualche volontà di osservazione critica, e non di mera fotografia dell’esistente.

Si ricorda che l’Osservatorio Culturale del Piemonte è una partnership pubblico-privata (regolata da un protocollo d’intesa fin dalla fondazione nel 1998) nata dall’accordo tra istituzioni e amministrazioni locali, fondazioni di origine bancaria, associazioni di categoria, enti pubblici non economici, istituti di ricerca pubblici e privati fondata nel 1998. Il primo promotore è la Regione Piemonte, e la struttura è coordinata dalla Fondazione Fitzcarraldo e dall’Ires. L’Osservatorio è diretto da Luca Dal Pozzolo.

Da segnalare che, secondo una “survey” dell’Ocp, cui hanno risposto nell’aprile 2021, ben 276 organizzazioni culturali del Piemonte (ovvero il doppio di quelle di cui all’indagine Federculture), segnalano una complessiva riduzione del 16 % del totale degli “occupati” nel settore culturale della Regione.

Interessanti le conclusioni cui giunge la Relazione dell’Ocp: “nel lungo periodo, le politiche di ristoro e di sostegno alla dimensione dell’offerta non saranno – da sole – sufficienti a ridare vigore ai consumi culturali; saranno quindi necessarie politiche di incentivo della domanda che siano in grado di risollevare la partecipazione anche attraverso un’espansione dell’azione culturale verso altri comparti economici e di servizi, dal welfare alla formazione”.

Molto stimolante l’idea di una “espansione dell’azione culturale” oltre il perimetro del sistema culturale: “non si tratta di una nuova accezione: economisti e politologi statunitensi e anglosassoni avevano già preso posizione in tempi pre-Covid, indicando la diffusione e il radicamento della knowledge economy – intesa non solo in chiave di sviluppo tecnologico ma anche culturale, turistico, di istruzione e ricerca – come condizioni necessarie per mantenere alti i livelli di prosperità economica, benessere sociale e democrazia”.

Insomma, una visione strategica della cultura che va oltre lo specifico dell’economico: la cultura come strumento di coesione sociale e di partecipazione democrazia.

E si rifletta sulla correlazione tra bassi consumi culturali ed alti tassi di astensionismo elettorale nel Sud d’Italia: questa sì sarebbe una bella ricerca, in materia di democrazia culturale!

Clicca qui, per leggere la “Relazione annuale 2020/2021. La cultura in Piemonte. Oltre i dati, questione di futuro” dell’Osservatorio Culturale del Piemonte (Ocp), presentata a Torino l’8 luglio 2021

Clicca qui, per leggere la “Sintesi dei dati principali 2020” del 17° “Rapporto Annuale Federcultura 2021”, presentato a Roma il 7 luglio 2021.

https://www.key4biz.it/rai-il-14-luglio-sara-la-volta-buona-per-lelezione-del-cda/367574/