Forse non è noto ma in tre anni e mezzo ho votato quasi sempre in accordo con il Consiglio di Agcom Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (nel 93% dei casi, ovvero 2234 su 2400 delibere approvate). Votare contro ha comportato spesso costi in termini personali molto alti, ma continuo a farlo ogni volta che giudico le decisioni dei colleghi in contrasto con la dottrina sui media, che pratico da 25 anni, o con la missione stessa di un’Autorità indipendente ed equidistante.
E’ purtroppo il caso dell’indicazione diffusa due giorni fa da Agcom su come organizzare i “duelli” politici in TV in vista delle elezioni europee 2024 rappresenta un precedente rischioso per la libertà editoriale, perché Agcom non è uno sportello che rilascia pareri a gettone, né può dare o negare l’autorizzazione preventiva alle modalità di svolgimento di una trasmissione.
Fare le regole invece si può e si deve, e qui cinquanta anni di studi sulla TV in Italia insegnano che i confronti televisivi sono efficaci per avvicinare il pubblico al dibattito elettorale. Il compito di Agcom non è scoraggiarli ma garantire che coinvolgano la più ampia rappresentanza delle forze politiche, e la metà più uno, come nell’indicazione dell’Autorità, non lo è. Né si sono trovate adeguate soluzioni per garantire spazi compensativi alle forze politiche che non intendono aderire ai confronti a coppie.
Quest’anno le regole sulla par condicio hanno già subito un notevole stravolgimento per la Rai, dove il tempo di parola degli esponenti di Governo potrebbe aumentare se venisse considerato come semplice informazione sulle attività istituzionali. Se anche il Garante delle comunicazioni avalla il principio che ad ogni tornata sia possibile cambiare le regole a piacimento, a campagna elettorale già avviata, e a colpi di maggioranza semplice, rischiamo di imboccare un crinale pericoloso per la democrazia.
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