Se sanguina è prima pagina: la gender revolution

  ICT, Rassegna Stampa
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James Hansen

Una delle regole non scritte del giornalismo popolare anglosassone è: “If it bleeds, it leads”; se il fatto ‘sanguina’—se ‘sciocca’ o stimola fortemente la curiosità—allora ha la precedenza, è una notizia d’apertura. I limiti della sensibilità umana sono però mutevoli e in continua evoluzione. Ogni tema, per quanto eclatante, ha una sorta di ‘data di scadenza’ entro la quale deve essere consumato, prima che muoia per la sovraesposizione. Quando si stabilizzano i contorni di un fatto, per definizione non è più una ‘novella’, non sanguina più da prima pagina.

È ciò che sembra stia succedendo a una delle grandi questioni degli ultimi anni: il dibattutissimo argomento del gender, ovvero dell’identità sessuale. Cominciamo a saperne un po’ troppo per restare abbagliati davanti alla ‘scoperta’ che la gente ha tanti modi per vivere le proprie pulsioni erotiche, che quello che è cambiato nel nostro recente passato non è un collasso generale della moralità convenzionale, ma piuttosto una sorta di moda politico-sociale di dare nomi ad atteggiamenti e pratiche sessuali che prima non venivano discussi in compagnia mista.

Dal punto di vista ideologico, è come se il richiamo concettuale fosse stato quello di salvare Sodoma e Gomorra dalla distruzione divina—solo per arrivare a capire ora che le due città bibliche non furono distrutte, che sono invece ancora qui con noi…

Quello che comincia a emergere, anche attraverso dati finalmente un po’ seri, è che non è cambiato granché, che gli esseri umani sono sempre esseri umani… Nel Regno Unito l’Office of National Statistics—l’Istat britannico—ha recentemente rilasciato dati tratti dall’ultimo censimento nazionale dai quali risulta che circa lo 0,5%—un individuo su duecento—della popolazione adulta dell’Inghilterra e del Galles si dichiara transessuale. Alla domanda: “Si identifica tuttora con lo stesso gender registrato alla nascita?”, 45,4 milioni dei rispondenti hanno dichiarato di “sì” e poco oltre un quarto di milione (262 mila) ha risposto invece di “no”.

Il risultato è coerente con dati americani raccolti dalla Pew Research secondo cui solo lo 0,6% degli adulti statunitensi dichiara di riconoscersi in un’identità sessuale che non è quella della nascita, mentre circa l’1% rivendica più genericamente di essere ‘non binario’ nei gusti sessuali—un modo elegante per dire ‘un po’ quel che capita…’

Sono numeri che dimostrano più che altro quanto questi fenomeni siano nei fatti poco comuni tra la popolazione e, ancora più semplicemente, come le persone continuino ad essere—come sono sempre state—diverse tra loro. Rispetto al passato, pare che la gente, semplicemente, sia più disposta di una volta a parlarne… Forse ciò che la ‘Gender Revolution’ rappresenta non è tanto una novità sulla sessualità umana—che appare sempre quello che è—bensì una lezione sulla conduzione della moderna comunicazione di massa.

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