Siccità e inondazioni: danni globali alle città per 5 trilioni di dollari entro il 2050

  ICT, Rassegna Stampa
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Un mondo a rischio

Le nostre infrastrutture strategiche sono a rischio, come lo è la sicurezza alimentare e energetica, la salute delle persone e dell’ambiente, la disponibilità di materie prime. Non per la guerra o le tensioni geopolitiche globali, o l’estrema competizione finanziaria e industriale. No, le minacce elencate sono direttamente collegate al clima e alle sue anomalie, dalla siccità estrema alle inondazioni improvvise, che concretamente mettono a rischio la nostra incolumità e rendono la quotidianità di centinaia di milioni di cittadini se possibile ancora più incerta.

Se queste considerazioni possono sembrare esagerate, basta andarsi a rileggere l’ultimo Rapporto sul clima delle Nazioni Unite, la seconda parte del sesto capitolo, pubblicato dall’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc).

Ci sono quasi 3,5 miliardi di persone nel mondo che vivono in regioni ad alto rischio per la salute, per via della siccità e le ondate di calore, per le inondazioni e le malattie, le carestie e gli effetti peggiori dell’inquinamento di aria, acqua, suolo e cibo.

Aumentano le minacce per la popolazione mondiale

Negli ultimi dieci anni la popolazione mondiale è aumentata di quasi un miliardo di persone e il 90% circa di questo aumento è avvenuto nei Paesi più poveri, cioè più deboli dal punto di vista sanitario, economico e sociale.

Entro il 2050 il 75% della popolazione mondiale si sposterà a vivere in grandi centri urbani e megalopoli, andando ad intensificare considerevolmente queste vulnerabilità.

Solo il 15% dei grandi investimenti o degli aiuti finanziari per promuovere la sostenibilità ambientale, l’inclusione sociale ed economica e ridurre le disuguaglianze (economiche, sociali, energetiche, alimentari, sanitarie e nella possibilità di accedere all’istruzione e ad alimenti sani) finisce ai più deboli e alle fasce più marginali della popolazione, specialmente urbana, il resto va dritto nelle casse dei mega progetti internazionali, a scapito dei più piccoli, quelli locali, che alla fine sono di gran lunga i più importanti per chi vive in contesti critici.

Clima che cambia, meteo estremo e impatti sociali ed economici, lo studio del C40

Ma c’è di più. Secondo un nuovo studio di C40 Cities i cambiamenti climatici in atto saranno con molta probabilità alla base di più profonde e diffuse crisi alimentari, sanitarie ed economiche in molte delle grandi città di tutto il mondo.

È stato stimato che i danni economici e finanziari dovuti alle ondate di calore, alle più lunghe e frequenti fasi siccitose, alle tempeste (quindi anche gli uragani), ai tornado e alle inondazioni, potrebbero ammontare a più di 4.900 miliardi di dollari (o 4,9 trilioni di dollari) entro il 2050.

Il presupposto, confermato dagli avvenimenti che stiamo vivendo proprio quest’anno (in realtà da qualche anno a questa parte), è che l’aumento medio della temperatura del pianeta, dell’aria come degli oceani, comporterà fenomeni meteo sempre più distruttivi per quasi tutti i continenti.

Fenomeni estremi che colpiranno infrastrutture e servizi fondamentali per il regolare funzionamento di uno Stato, come di una città”, ha spiegato Neuni Farhad, responsabile del progetto di ricerca sull’adattamento climatico per il C40 Cities.

“Ciò che è in pericolo sono gli ospedali, le centrali elettriche, i distretti industriali e dell’agroalimentare, le reti di telecomunicazione e quelle stradali, i ponti e le dighe, tutto ciò che ci consente ancora oggi di svolgere la nostra quotidianità in maniera tranquilla e sicura”, ha specificato Farhad.

I danni economico-finanziari dovuti a siccità e inondazioni

Solo per le tempeste, i nubifragi, le inondazioni e gli allagamenti, lo studio si attende danni complessivi per 64 miliardi di dollari l’anno fino al 2050, con una perdita spaventosa di PIL annua valutata attorno a 136 miliardi di dollari, che alla fine del periodo preso in considerazione fa 3,8 trilioni di dollari.

Il calcolo è stato fatto a partire proprio dalle 97 grandi città che compongono la rete del C40. Solo tra queste si stima che più di 300 grandi centrali elettriche sono praticamente a rischio interruzione a causa soprattutto delle inondazioni e il 50% di questi casi critici potrebbero riguardare aree urbane degli Stati Uniti.

Altrettanto grave sarà l’impatto della siccità e delle ondate di calore, di cui l’Italia, assieme alla Francia e la Spagna, sta facendo esperienza proprio in questo secco 2022 (ma già il 2021 aveva registrato gravi fasi siccitose anche in inverno e in autunno).

Secondo il C40 i danni provocati dalla siccità potrebbero ammontare a 111 miliardi di dollari l’anno per i prossimi tre decenni, in larga parte per le perdite di risorse idriche, che aumenteranno del +26%.

Ogni anno le città di tutto il pianeta vedranno sparire oltre 16 miliardi di metri cubi di acqua da qui al 2050.

Numeri che non devono toglierci il sonno, ma al contrario spronarci ad accelerare e supportare in ogni modo la transizione ecologica verso un sistema energetico a zero emissioni, verso un’economia e un’industria decarbonizzate, verso una società climaticamente neutra e più giusta. Traguardi difficili, ma se il mondo che ci aspetta è quello illustrato dagli ultimi studi scientifici, cosa abbiamo da perdere nel provarci?

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