Sindacati militari e tesseramenti: soldi in cambio di quali servizi?

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Con la  sentenza della Corte Costituzionale n. 120/2018, che ha sancito la legittimità del sindacalismo delle Forze Armate, alcune sigle hanno avviato le prime campagne di tesseramento a pagamento.

Tuttavia tali sigle, pur rappresentando l’associazionismo, non hanno capacità e facoltà di intervenire ai tavoli istituzionali, per la negoziazione e definizione dei contratti di lavoro collettivi del personale militare.

Allo stato attuale, e fino a quando non sarà sancita dal Parlamento la legge alla predetta sentenza, a fare l’interesse delle categorie dei dipendenti delle Forze Armate, ed a rappresentarli in maniera istituzionale, è l’istituto giuridico interno della Rappresentanza delle Forze Armate Italiane, previsto dalla legge 11 luglio 1978 n. 382, il cui scopo, grazie a COBAR, COIR e COCER è stato sempre quello di tutelare il personale militare.

Esaminati i seguenti punti, verrebbe naturale chiedersi a supporto di cosa vengano raccolte le quote dei tesseramenti.

In una sorta di post (perché diversamente non si può definire) apparso sul sito mondosindacalemilitare.com che lo si ricorda “non costituisce testata giornalistica, non ha comunque carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità del materiale editoriale prodotto da altri, ergo MSM non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della Legge 62 del 07 marzo 2001”, sono state elencate le attuali sigle sindacali regolarmente registrate e le rispettive quote di tesseramento che variano da un minimo di 5 euro a un massimo di 45 euro annui.

Tali somme garantiscono tutela del personale e fondi di risoluzione per problematiche istituzionali?

Come specificato nei paragrafi precedenti, di fatto, e secondo la norma, no.

Queste associazioni non hanno il potere né la capacità di azione se non supportati dai rappresentanti di categoria che, se pur muovendosi in maniera instancabile per i propri colleghi, continuano ad agire in maniera non retributiva.

La costituzione dei sindacati rappresenterà sì il futuro ma allo stato attuale appare poco chiaro e poco etico un tesseramento che non possa fornire soluzioni e servizi se non quelli di una comune associazione tra pari.

Le attuali associazioni che millantano di potersi avvallare l’appellativo di sindacati dimenticano i riferimenti normativi ed i tempi legislativi che ne costituiranno la nascita dal punto di vista legale.

I suddetti “sindacati” che si ripropongono di tutelare il personale militare, di fatto inficiano già sulla busta paga degli aderenti all’associazione senza però poter garantire loro un servizio a 360°.

Se uno dei maggiori problemi che i rappresentanti di categoria stanno affrontando – in silenzio e nell’ombra –  è quello del rinnovo contrattuale, al fine di garantire decorosi aumenti stipendiali, è etico incidere con una quota annua per l’iscrizione ad un’associazione che non ha nessun margine di manovra se non un mero scambio di idee e attività ludico ricreative?

Molto più decorosa è la posizione di quelle sigle che se pur cominciando a costituirsi hanno deliberatamente deciso di non dichiararsi e non “rendere disponibile” su pubbliche piattaforme il costo di un tesseramento che allo stato attuale risulterebbe cozzare con i principi etici di un sindacato che dovrebbe tutelare i lavoratori ed i loro guadagni.

In attesa che la legge faccia il suo corso e rimettendosi alla dura fatica dei rappresentanti di categoria, ci sono sigle sindacali che cominciano a muoversi gratuitamente e sono punto di riferimento per i colleghi.

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