Tra entusiasmo istituzionale e flop di mercato: il cinema italiano affonda

  ICT, Rassegna Stampa
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La grancassa del Festival di Venezia (edizione n° 80) si è conclusa, la sua spumeggiante “compagnia di giro” torna a casa, e ci si domanda – una volta ancora – quanto la kermesse sulla Laguna sia effettivamente salutare per la promozione del cinema “made in Italy”, una cinematografia che ormai boccheggia in termini di riuscita sul mercato “theatrical” (la sala cinematografica)…

In teoria, un qualche effetto positivo c’è, ma nel complesso non si apprezza alcun risultato benefico in una prospettiva di breve periodo.

Quel che emerge – dal monitoraggio mediale (quotidiani e periodici su supporto cartaceo e siti web) curato da IsICult – è, ancora una volta, l’entusiasmo estremo della Sottosegretaria delegata, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni. Si associano alla sua euforia, ancora una volta, il Presidente dell’Anica Francesco Rutelli, ed in questi giorni finanche l’Amministratore Delegato di Rai Cinema Paolo Dal Brocco.

Tutti contenti… per un qualche premio conquistato dal cinema italiano a Venezia.

Tutti autocompiaciuti… per il proprio prezioso ruolo.

Tante volte abbiamo segnalato – anzi denunciato – su queste colonne la surreale pantomima: d’accordo, il “penso positivo” à la Lorenzo Jovanotti non guasta, ma riteniamo che le istituzioni – finanche il Governo – non dovrebbero lasciarsi andare a facili considerazioni. Dovrebbero prevalere logiche di analisi di lungo periodo e soprattutto una sana prudenza.

E, soprattutto, non dovrebbero peccare – le istituzioni – di continua autoreferenzialità, del tipo: “il cinema in sala va bene” (non è vero…), “i film italiani vanno bene” (non è vero…), e quindi “quanto siamo forti” (ne siete convinti voi soltanto…) e “quanto siamo bravi” (narcisismo egocentrico…).

La vera verità – come abbiamo dimostrato tante volte su queste colonne – non è questa.

Siamo in pochi (chi redige queste noterelle, e l’avvocato specializzato Michele Lo Foco, ed il regista e studioso Roberto Faenza… chi altri?!) a segnalare l’esigenza di una riflessione più accurata, più seria, più onesta, rispetto alle fantasmagoriche “numerologie” che la Sottosegretaria rilancia a piè sospinto.

La situazione non è rosea.

Forse non è così grave e drammatica come ha sostenuto Roberto Faenza sulle colonne de “il Fatto Quotidiano” qualche giorno fa… forse non siamo di fronte ad una orchestrina allegra ed a una massa di viaggiatori giocondi a fronte dell’imminente “rischio Titanic” (l’articolo, pubblicato il 31 agosto, era giustappunto intitolato “C’è festa a Venezia, ma il cinema sta affondando come il Titanic”), ma gli “indicatori” (oggettivi) non sono positivi.

Sia ben chiaro, qualche dato “in positivo” c’è. Si registra un lieve incremento del complessivo consumo di cinema nelle sale italiche, ma per effetto di fenomeni come “Barbie” ed “Oppenheimer” (che hanno finora incassato rispettivamente 31,6 e 22,5 milioni di euro): non certo grazie alla modesta e deficitaria campagna promozionale “Cinema Revolution” o alla leva sul “pricing” (la cui effettiva efficacia non è stata dimostrata tecnicamente).

Ed i più (anzi quasi tutti) omettono di osservare i numeri reali, fermandosi invece all’apparenza effimera di qualche dato estemporaneo… “positivo”.

Soltanto 3 film “made in Italy” tra i maggiori 10 incassi di ieri al “box office” cinematografico, e con dati sconfortanti

Ci limitiamo a segnalare alcuni indicatori.

Un esempio: gli incassi delle sale cinematografiche italiane, ieri, domenica 10 settembre:

1. “Oppenheimer”: 91.141 spettatori, 764.955 euro (incasso totale ad oggi 22,5 milioni di €);

2. “The Nun 2”: 82.121 spettatori, 659.300 euro (incasso totale ad oggi 3,1 milioni €);

3. “Io Capitano”: 23.450 spettatori, 150.692 euro (incasso totale ad oggi: 374.757 €);

4. “The Equalizer 3 – Senza tregua”: 14.667 spettatori, 113.938 euro (incasso totale ad oggi: 1,5 milioni €);

5. “Tartarughe Ninja: caos mutante”: 14.486 spettatori, 100.483 euro (incasso totale ad oggi: 1,2 milioni €);

6. “Jeanne du Barry – La favorita del Re”: 15.544 spettatori, 99.675 euro (incasso totale ad oggi: 1,1 milioni di €);

7. “Barbie”, 12.241 spettatori: 91.345 euro (incasso totale ad oggi: 31,6 milioni di €);

8. “La casa dei fantasmi”: 10.622 spettatori, 77.001 euro (incasso totale ad oggi: 2,3 milioni di €);

9. “Il più bel secolo della mia vita”: 7.213 spettatori, 46.117 euro (incasso totale ad oggi 146.850 di €);

10. “L’ordine del tempo”: 4.831 spettatori, 31.132 euro (incasso totale ad oggi 361.660 di €)…

Dei 10 titoli di maggior successo di ieri, si osserverà come siano soltanto 3 i film italiani, e gli incassi non sono esattamente confortanti: “Io Capitano” (di Matteo Garrone), uscito in sala giovedì scorso 7 settembre; “Il più bel secolo” (di Alessandro Bardani), uscito lo stesso giorno; “L’ordine del tempo” (di Liliana Cavani), uscito giovedì 31 agosto 2023. Incassi: rispettivamente 375mila euro il film di Garrone, 362mila quello di Cavani, 147mila euro quello di Bardani. Ieri, rispettivamente, 23.450 spettatori (Garrone), 7.213 spettatori (Bardani), 4.831 spettatori (Cavani)…

Insomma l’“effetto Venezia”, per ora, non c’è e comunque non è certamente tale da poter giustificare gli entusiasmi “diffusi”.

Proprio no.

I “Me contro Te” campioni di incasso del cinema italiano

E non riteniamo che Claudio Plazzotta, attento redattore del quotidiano economico-finanziario “Italia Oggi”, possa essere additato al pubblico ludibrio come… “detrattore” – anche lui – dalla Sottosegretaria sempre gasata: oggi pubblica una interessante analisi, dal titolo “Cinema, in vetta i Me contro Te”, ricordando che, tra i film italiani usciti nell’anno, è stato finora quello dei Me contro TeMissione giungla” (prodotto da Colorado Film e Warner Bros.), in sala dallo scorso 19 gennaio e con un botteghino da 4,8 milioni di euro, a detenere il record come miglior incasso del cinema “made in Italy”… Non esattamente un film di qualità artistica significativa. E ciò basti.

Denuncia Plazzotta: il cinema italiano “continua a essere in prevalenza sclerotizzato su prodotti per 50-70enni con protagonisti i soliti Pierfrancesco Favino, Edoardo Leo, Toni Servillo, Marco Giallini o Valerio Mastandrea, con le trite e ritrite storie di romani infelici ma con attico a Monti e villa a Capalbio. Manca una varietà, una esplorazione verso generi differenti interessanti per il pubblico più giovane”. E continua: “nonostante questo, in base ai dati della Direzione generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura, attorno a film e serie tv prodotte in Italia continuano a girare un sacco di soldi. Come mostra la tabella aggiornata alla fine di agosto sulle produzioni nazionali che hanno chiesto fondi pubblici (e che quindi devono dichiarare i costi produttivi complessivi), nel solo 2023 ci sono in lavorazione tante opere audiovisive con budget notevoli: spiccano le serie tv ‘L’amica geniale-Storia della bambina perduta’ (Rai/Hbo) per Rai, con un budget da 56,8 milioni di euro, e poi ‘M-Il figlio del secolo’ (Sky Studios/The Apartment) per Sky, con 49,3 milioni di euro, e ‘Il Gattopardo’ (Indiana Production) per Netflix con 40,6 milioni di euro”.

Si tratta di budget senza dubbio significativi, anzi piuttosto impegnativi, ma va segnalato che questo “boom” è dovuto principalmente (qualcuno sostiene: esclusivamente) alla grande iniezione di danaro pubblico nel sistema, grazie allo strumento del “tax credit”.

Strumento che non è stato finora oggetto di analisi critiche adeguate, di valutazioni di impatto indipendenti…

Una marea di danaro pubblico, alcuni budget monstre, assenza di analisi adeguate ed indipendenti

Ed è sempre oggi il quotidiano “il Giornale” (non il terribile “il Fatto” anti-governativo) a porsi dei quesiti che si dovrebbero porre anche il Ministro Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia) e la sua euforica Sottosegretaria.

Scrive Pedro Armocida (che è anche Vice Presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici – Sncci): “speriamo che, con la notizia dei due premi vinti, i dati di ‘Io Capitano’ di questa mattina siano più confortanti di quelli dei primi tre giorni, con 34mila spettatori, 224mila euro e, sabato, il quarto posto della Top Ten. Il suo film precedente, ‘Dogman’, nel 2018, dopo essere stato premiato a Cannes, aveva ottenuto 86mila spettatori e 567mila euro in quattro giorni. Ma era un film uscito in più sale e costato un terzo rispetto ai quasi 12 milioni di ‘Io Capitano’”. E qui emergono delle sane perplessità; “ecco, ora il timore, fondato, dell’industria è che sia difficile rientrare, anche se – ricordiamolo – la sala è solo una delle tappe di sfruttamento di un film, con i budget monstre di tutti gli altri titoli in concorso pure privi di riconoscimenti: ‘Finalmente l’alba’ di Saverio Costanzo (29,1 milioni), ‘Comandante’ di Edoardo De Angelis (15 milioni), ‘Adagio’ di Stefano Sollima (11,7 milioni), ‘Lubo’ di Giorgio Diritti (8,4 milioni) e ‘Enea’ (8,1)”.

Temiamo che in verità “il timore” non sia esattamente dell’… “industria”, che, anzi, è ben gaudente (e se ne ha conferma della gioia sempre confermata del Presidente dell’Anica…). Una qualche seria preoccupazione dovrebbe porsela… il Governo.

Si tratta in effetti – in alcuni casi – di “budget monstre”, e sarebbe proprio interessante conoscere, di queste cifre, quanto sia il capitale di rischio effettivamente apportato dalle società di produzione, a fronte della sovvenzione statale e dell’intervento delle emittenti televisive e delle piattaforme. Purtroppo, questi dati non vengono divulgati dalla Direzione Generale del Ministero guidata da Nicola Borrelli.

Ancora oggi, un’altra penna si pone delle domande: si tratta di Alberto Fassina sul “Messaggero Veneto” (e varie altre testate quotidiane locali), con un articolo intitolato “Il bilancio. Gli alti costi dell’operazione Italia. Orizzonti rende più di Venezia 80”. Interessante analisi: premessa controcorrente: “ora che i premi sono stati assegnati e l’Italia è rimasta quasi a bocca asciutta, il Leone d’Argento a Matteo Garrone è un bel riconoscimento, ma ha il valore di un terzo posto e il Premio Mastroianni viene considerato un premio minore”. Ed analizza: “è doverosa qualche considerazione per capire che direzione stia prendendo il cinema italiano in fatto di investimenti e risultati”. E cita i dati che abbiamo appena proposto: “il titolo che ha attirato maggiormente le speculazioni sul punto è stato ‘Finalmente l’alba’ di Saverio Costanzo, il cui preventivo di spesa era di 29 milioni di euro. Con 15 milioni segue ‘Comandante’ di Edoardo De Angelis, ‘Adagio’ di Stefano Sollima è costato quasi 12 milioni, ‘Io Capitano’ di Matteo Garrone 11 milioni e mezzo, le tre ore di ‘Lubo’ di Giorgio Diritti ne costano 8.4 ed ‘Enea’ di Pietro Castellitto aveva un preventivo poco superiore gli 8 milioni (dati sul sito del Mic). Il direttore Alberto Barbera ha spiegato queste cifre e questa massiccia presenza come un segnale di vitalità del nostro cinema”.

Ma qual è – anche in questo caso – la vera verità?

Così risponde Fassina (che è giornalista e ricercatore ma anche titolare della storica multisala Astra di Padova): “peccato che unendo i giudizi della stampa italiana (più favorevole) e quella estera si ottiene una classifica nella quale ‘Comandante’ compare al terzultimo posto (2,57 punti di gradimento su 5) ‘Lubo’, ‘Finalmente l’alba’ e ‘Adagio’ si piazzano al 17°, 18° e 19° posto, un po’ meglio ‘Enea’ 14° (più o meno metà classifica) mentre si distingue ‘Io capitano’ che con un 3,62 di media è appena fuori dal podio”.

Questi numeri dovrebbero far raffreddare alcuni facili entusiasmi. E continua Fassina: “ma la riflessione deve comprendere il ‘Concorso Orizzonti’, dove su 3 film selezionati, 2 hanno ricevuto premi significativi. ‘El Paraíso’ di Enrico Maria Artale (miglior sceneggiatura e attrice) e ‘Una sterminata domenica’ di Alain Perroni ha ricevuto il Gran Premio della Giuria. Sono costati rispettivamente 2,8 milioni e 1,5 milioni. Meno titoli, meno costo, maggior apprezzamento”…

Lucia Borgonzoni (Mic): edizione di Venezia “consegnata alla storia”?

Eppure ieri pomeriggio la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni ha fatto diramare un comunicato dal solito tenore esultante (l’ennesimo comunicato), all’indomani della cerimonia ufficiale di chiusura della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: “da ‘Io Capitano’ di Matteo Garrone a ‘Una sterminata domenica’ di Alain Parroni, da ‘El Paraíso’ di Enrico Maria Artale a ‘Felicità’ di Micaela Ramazzotti: l’Italia a Venezia80 conquista 6 sei premi, consegnando questa edizione alla storia. Record premi Italia, quello appena messo a segno in questa edizione, a conferma del grande prestigio su scala internazionale di cui il cinema italiano può fregiarsi e di un percorso di crescita che va sempre più consolidandosi. Per il terzo anno consecutivo il nostro Paese guadagna il podio”.

E si complimenta con RaiCinema (che – a sua volta – si complimenta con il Ministero?!): “un grande plauso anche a Rai Cinema, che ha saputo riconfermare la grande qualità e l’innovazione nelle proprie produzioni. L’edizione che si è appena conclusa – sottolinea – conferma la stagione di successi che sta vivendo il cinema italiano, non ultimo l’importante traguardo raggiunto questa estate dalle sale grazie anche alla campagna del Ministero ‘Cinema Revolution’”.

A Roma, si commenterebbe: “aridanghete!”…

Consigliamo (anche alla Sottosegretaria) la lettura dell’articolo di Gianni Canova (considerato uno dei massimi esperti italiani di cinema, nonché Rettore della milanese Libera Università di Lingue e Comunicazione – Iulm) pubblicato sull’edizione, fresca di stampa, della rivista di Cinecittà, “Ottoemezzo” (nuova serie, n° 69, autunno 2023), intitolato “1963: l’età d’oro del cinema italiano”. Si legge: “nel 1963 il cinema italiano vince tutto: Venezia, Cannes, Mosca, Berlino, l’Oscar”. Si tratta di una stagione forse irripetibile, ma – si domanda Canova – “un passato da rimpiangere o uno stimolo per il presente?”.

Per 5 anni di seguito, l’Italia conquista il Leone d’Oro a Venezia: “Cronaca familiare” di Valerio Zurlini (1962), “Le mani sulla città” di Francesco Rosi (1963), “Deserto rosso” di Michelangelo Antonioni (1964), “Vaghe stelle dell’orsa” di Luchino Visconti (1965), “La battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo (1966). E dovranno passare 20 anni prima che il Leone d’Oro venga ri-assegnato ad un film “made in Italy”: nel 1988, con “La leggenda del santo bevitore” di Ermanno Olmi”. Ed altri 10 anni, per arrivare a “Così ridevano” di Gianni Amelio (1988). E 5 anni ancora per “Sacro Gra” di Gianfranco Rosi (2013). E, da allora, nulla.

Insomma, moderiamoci, prima di proclamare che l’edizione 2023 di Venezia è “consegnata alla storia”…

Come dire?! Altri tempi (certamente migliori), altri… entusiasmi (giustificati, allora).

Ma Borgonzoni comunica, fiera, rivendicando la qualità del proprio operato: “il nostro lavoro continua, sono tanti i passi da fare, ma il dialogo costruito negli anni con il settore e le sue maestranze ci conferma che la via è quella giusta. Da domani saremo al lavoro nuovamente su tax credit, obblighi, progetti di formazione e internazionalizzazione”.

Meditate gente, meditate”, come avrebbe sentenziato Renzo Arbore.

La schiera di coloro che si pongono delle domande si sta comunque, pur lentamente, infoltendo

Le voci dissidenti (interrogative e critiche), pur crescenti, non sembrano però purtroppo trovare ancora adeguato ascolto a Santa Croce in Gerusalemme (la sede della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero), che continua – assieme al suo “braccio operativo” ovvero Cinecittà – ad alimentare il coro degli entusiasti. Coro galvanizzato da varie testate giornalistiche assai benevolenti: da “Ciak” a “Movie”, da “Box Office” a “The Hollywood Reporter Roma”. Va dato atto che l’ufficio stampa della Sottosegretaria non lavora male, insomma, e certamente nemmeno chi cura le sue “pr”. Qualche sana eccezione (che manifesta ragionevoli perplessità) comunque c’è, tra le testate specializzate: merita essere citato l’assai qualificato “Film Tv” (che si definisce “l’unico settimanale di cinema televisione musica e spettacolo”, in edicola dal 1993), che riunisce il “Gotha” della critica cinematografica italiana.

Chi cura questa rubrica IsICult “ilprincipenudo” per il quotidiano online “Key4biz” è invece convinto che “il sistema” italiano sia ormai sostanzialmente “drogato” da un assistenzialismo statale mal indirizzato.

Le ricche risorse messe a disposizione dallo Stato – si tratta ormai di ben 750 milioni di euro l’anno – dovrebbero essere allocate diversamente.

Torneremo presto su queste ed altre numerologie.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

https://www.key4biz.it/tra-entusiasmo-istituzionale-e-flop-di-mercato-il-cinema-italiano-affonda/458976/