Apriamo WhatsApp. Una tra le tante notifiche che ci arrivano, è solo un aggiornamento delle normative della piattaforma, “ok acconsento”. Impennata di download di Telegram, boom di iscrizioni su Signal, sono passati pochi giorni: WhatsApp viene messo sotto accusa e si apre un caso sulla privacy come mai era successo.
«Io personalmente l’ho già cancellato e non ritornerò presto su WhatsApp». È il messaggio di un nostro contatto, esperto di Cyber Security presso l’Esercito Italiano, che tiene al suo anonimato. Gli abbiamo chiesto cosa pensa sulla questione, che investe milioni e milioni di cittadini e utenti.
Oggi assistiamo ad una nuova fase di un processo: «WhatsApp è stata venduta a Facebook ormai da qualche anno e da quando è stata venduta, Facebook ne ha fatto un uso parziale, fino ad oggi, tenendoselo per vedere cosa farci in futuro. In seguito Facebook si è allargato, acquisendo altre aziende.
Quando utilizzi un servizio come WhatsApp tu accetti che loro possano utilizzare i tuoi dati anonimizzati per studi di settore o profilare l’utenza (gli italiani fanno questo, i francesi quest’altro). Ma quando tu hai il numero di telefono e potenzialmente tutto quello che io utilizzo nella chat, che riguarda la mia vita privata e i contatti a cui diamo accesso, significa che si potrebbero fare determinate azioni, dei confronti come tra contatti telefonici e amici di Facebook».
LA TUTELA DEI DATI PERSONALI
«Ora in Europa noi abbiamo il GDPR, che tutela i dati personali dicendo alle aziende che quando propongono un servizio, questo deve essere trasparente agli utenti e di facile comprensione. WhatsApp dall’8 febbraio (termine ora rinviato al 15 maggio) rilascerà un aggiornamento di cui ha dato comunicazione agli utenti estremamente in anticipo, ma che non si capisce. Come andranno ad utilizzare questi dati? Cosa ne faranno? Hanno fatto un’informativa totalmente contro il GDPR. Visto che WhatsApp è Facebook e Instagram è Facebook e Messenger è Facebook, c’è un grosso problema all’orizzonte: se io devo tutelare la privacy di una persona, questi dati devono essere raccolti nel paese dove questa legge è in vigore perché la corporate si deve omologare alle leggi degli utenti del servizio. L’Europa ha detto a Facebook che doveva trasferire tutti i dati degli europei dai server americani a quelli europei, ma questo non è mai avvenuto. E l’Unione Europea ha intimato a Facebook di non trasferire i dati dai server europei a quelli americani, ma come ben sappiamo gli Usa raccolgono i dati di tutte le multinazionali e anche di Facebook, e negli Usa non hanno il GDPR. E si sa che loro, per una questione di sicurezza nazionale, possono accedere a qualsiasi dato in qualsiasi momento violando privacy e soprattutto anche sbagliando, cioè potrebbero vedere o ascoltare determinate persone senza averne realmente il diritto o solo perché si paventa un possibile problema.
Ora WhatsApp è entrato in questo giro infernale da quando è stato acquistato da Facebook, e nel momento in cui rilascia questa informativa e tu l’accetti, anche se si sono raccolti dati anonimizzati, Facebook può ricostruire tutti i passaggi della tua vita senza che tu abbia mai dato il consenso (tramite una ricostruzione particolare: se c’è un problema di terze parti che accedono a queste informazioni su vasta scala; come il caso Cambridge Analytica). Vedono gli ultimi accessi, la foto su Facebook o il tag su Instagram: attraverso la raccolta di dati anonimizzati estremamente dettagliati, possono ricostruire il profilo di una persona. Questo è il problema».
«Il problema è come viene utilizzato il dato, lo scopo, come viene gestito e conservato: chi, perché come e in quali casi gli americani hanno accesso ai dati europei?
Il GDPR va in totale contrasto con la politica americana, perché fuori dall’Europa il dato appartiene all’organizzazione, in Europa con il GDPR il dato appartiene all’utente, che te lo concede in usufrutto ai fini della profilazione, dell’advertising ecc.
Ecco perché WhatsApp, che ha fatto un’informativa poco chiara, sta sollevando questo dramma per cui ora è intervenuto il Garante della Privacy e si stanno riunendo tutti i Garanti della Privacy europei per discuterne».
E proprio il Garante ha scritto in una nota: “Dalla nuova informativa non è possibile, per gli utenti, evincere quali siano le modifiche introdotte, né comprendere chiaramente quali trattamenti di dati saranno in concreto effettuati dal servizio di messaggistica. Tale informativa non appare pertanto idonea a consentire agli utenti di Whatsapp la manifestazione di una volontà libera e consapevole”.
Come a dire che non basta un pulsante per concedere la propria privacy.
VERSO UN SOCIAL PUBBLICO ED EUROPEO
Sembra che ormai anche nell’opinione pubblica si sia affermato il pensiero che la realtà digitale, intrinsecamente collegata alla nostra vita reale, debba essere tutelata: «Siamo di fronte a una presa di consapevolezza delle persone che utilizzano i servizi, si stanno rendendo conto che la questione dei dati sta diventando pressante e si informano cercando di capire.
Il futuro? Facebook si deve allineare, o rischia pesantemente di non vedersi più supportato in Europa.
Quello che secondo me sarebbe giusto fare è creare un sistema di messaggistica, un social network a partecipazione pubblica, finanziato dall’UE che non sia sotto scacco, che sia un bene pubblico e non un bene privato di una corporate. Un bene pubblico al quale noi, pagando le tasse, contribuiamo al suo mantenimento e che sia una piazza virtuale su cui le persone possono confrontarsi. Di questo ce n’è bisogno, e penso che l’Unione Europea abbia tutte le carte in regola per creare una piattaforma del genere. Probabilmente il processo è più complesso di quello che si pensa, ma c’è tanta tecnologia che potrebbe partecipare, come la blockchain, che potrebbe favorire la decentralizzazione dei dati presso gli utenti».
GDPR O NIENTE
«Fondamentalmente il discorso è o si allineano o se ne vanno. Oppure si procede verso la retribuzione degli utenti perché Facebook fattura miliardi per ogni dato personale che tu gli dai. E dovete aver presente che i dati personali hanno valore estremamente diverso: i dati aggregati degli utenti italiani valgono molto di più degli stessi dati degli utenti keniani. Non è razzismo, ma è il potere d’acquisto diverso e tu italiano hai un valore estremamente superiore. Di questa cosa non se ne parla tanto ma anche questa è una grande disparità e immaginate cosa potrebbe determinare».
Capiremo prossimamente cosa accadrà, ancora tramite una notifica?
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