Precarietà umana o precarietà di senso?

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Roma – È successo tutto in fretta, troppo in fretta. Il vissuto quotidiano è cambiato radicalmente e in pochissimo tempo. Forse è proprio questa la cosa che sconvolge di più dal di dentro ognuno di noi.

Ci si è (ri)scoperti fragili.

Il teologo Sabetta lo scrive sulla sua pagina Facebook dove definisce “la fragilità, il connotato dell’umano” e scende in profondità, dove la fragilità non riguarda tanto la precarietà della condizione umana, il morire o le malattie, visto che ciò lo sapevamo già anche se la maggior parte delle persone preferisce non pensarci, ma “la fragilità del senso delle cose che ho riconosciuto e abbracciato, la fragilità di questo senso e il timore e la domanda se possa reggere nella vita. […] Perché il vero problema non è quello che ti accade, ma quanto il senso riconosciuto sia all’altezza – cioè in grado di dare senso – a quello che ti accade”.

È proprio questo il problema: il senso.

E ciò turba l’animo, ma non lo sconvolge. Il monito di Papa Francesco di non sprecare questi giorni difficili va proprio in questa direzione. Riscoprire il senso della propria vita e delle cose. Soltanto facendo questo si può trovare la speranza, quella salda, che tiene e non passa.

Come fare? Come riconoscere e trasformare i nostri limiti e le nostre negatività?

Innanzitutto, guardandoci dentro, cercando di accettare e comprendere le nostre emozioni, perché questa situazione ha reso la vita più difficoltosa per tutti. Ed essendo una situazione inedita, dobbiamo iniziare ad assestarci, con molta pazienza e molto coraggio, tramite la comprensione intellettuale del nostro clima emotivo di fondo. Un’auto-osservazione perenne della nostra ordinaria alienazione, causata dalla mancanza di relazioni fisiche, nella quale riconoscere i condizionamenti di questa situazione e superarli, scoprendo così di essere originariamente in relazione con Dio. La realtà si è de-centrata, con tutti gli effetti che questo decentramento genera, e soltanto capendo questo, è possibile ricentrarsi, trovare dentro di sé il punto fermo. Accettare la realtà delle cose per essere saldi.

Aristotele ci viene in aiuto, nel De anima afferma che l’anima dell’uomo è in un certo senso tutte le cose. Significa che dentro ogni uomo vive l’intero universo, per questo occorre mettere in ordine, oggi più che mai, dentro se stessi, quell’essere presenti al presente, a questo momento, per quanto doloroso possa essere, ricordandoci che la verità è possibile soltanto nel presente È il concepire il presente come dono che mette fine alla paura e all’angoscia dell’avvenire. È nel presente che si trova senso ed è nel presente che questo senso regge.

Vivere nel presente per essere presenti a sé e agli altri, questa è la sfida quotidiana che questo periodo ci pone davanti. E questo so-stare nel presente che porterà dei frutti, permettendo così di ri-crearci pienamente, di ri-generare la realtà, di fare nuove tutte le cose. 

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