Rischiamo davvero attacchi hacker ai dispositivi medicali?

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Sempre più collegati e “intelligenti”, ma i device di nuova generazione continuano a preoccupare per la possibilità che un pirata informatico li attacchi.

È possibile uccidere o ferire qualcuno con un attacco hacker? La domanda assilla molti esperti di cyber security e in particolare quelli che si occupano di controllare il livello di sicurezza dei dispositivi medicali personali: pacemaker, pompe per l’insulina e simili.

A fare il punto sui problemi legati alla protezione dagli hacker di questi particolarissimi dispositivi IoT è ESET, che in un post sul blog ufficiale dell’azienda elenca le questioni più spinose.

Uno degli aspetti generali che sottolineano gli esperti riguarda per esempio gli aggiornamenti di sicurezza, che hanno un’importanza fondamentale per dispositivi che, si suppone, debbano funzionare per molti anni.

Esistono però questioni molto più specifiche, come il fatto che la maggior parte di questi IoT medicali utilizzino per comunicare un protocollo come Bluetooth, che in passato ha dimostrato di essere esposto frequentemente a vulnerabilità che possono aprire la strada ad attacchi informatici.

Ancora più preoccupante, nell’ottica legata al lungo periodo di utilizzo, è quello della compatibilità con i nuovi sistemi operativi. Un tema, questo, che è già stato sottolineato in passato e che induce spesso gli ospedali e gli istituti sanitari in genere a utilizzare dei sistemi legacy anche oltre il periodo di supporto, degradando il livello complessivo dei sistemi. Il caso di Windows XP, ampiamente utilizzato ancora in molti laboratori, è quello più indicativo.

hacker dispositivi medicali

Anche l’uso delle piattaforme cloud, che hanno dimostrato in più occasioni di essere tutt’altro che sicure a causa (principalmente) di frequenti errori di configurazione, rappresenta un rischio che gli autori del report considerano rilevante.

A preoccupare, poi, è la possibilità che i pirati utilizzino tecniche più sofisticate per intercettare dati sensibili come le password di accesso ai software di gestione, per esempio attraverso cavi ethernet modificati o dispositivi in grado di intercettare e decodificare i segnali inviati  dalle tastiere wireless.

Insomma: il panorama rimane complesso e, anche se alcuni degli allarmi lanciati in passato si sono rivelati essere esagerati o addirittura gonfiati ad arte (come nel caso che abbiamo raccontato in questo articolo), si tratta di un tema che impegnerà gli esperti di sicurezza ancora per molto tempo.

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